Pierpaolo Mingolla…
Nato
a San Pietro Vernotico (Brindisi) il 21 settembre del 1993, Pierpaolo si tuffa
nell’ambito artistico sin dalla tenera età di sette anni.
Partecipa
a vari progetti con compagnie teatrali del luogo.
All’età
di nove anni, comincia l’avventura musicale con uno strumento quest’oggi molto
ricercato e rivalutato, ovvero la fisarmonica,
seguito inizialmente dal maestro Rocco
Nigro.
Attualmente
allievo del prof. Fabio Zurlo, porta
avanti ancora con passione i suoi studi musicali.
Nel 2005, giovanissimo, si è aggiudicato il
primo premio al prestigioso concorso letterario “Il pozzo e l’arancio”
(patrocinato dalla prov. di Brindisi e dall’accademia internazionale “Il
Convivio”), con la poesia “Oria, paese mio”; e l’8 giugno dello stesso anno è
stato inserito all’albo degli scrittori, dopo aver partecipato al XXVIesimo
premio nazionale di poesia & narrativa indetto dal Lions Club di Milano.
Nel 2012 gli sono stati conferiti i premi speciali
dall’assessorato alla cultura della prov. di Vercelli per “Storie di uomini e
paesi” (opera con la quale ha partecipato alla IV edizione del concorso “Città
di Crova”), e il “F. Piemontese” per giovani meritevoli a Grottammare (Ap);
inoltre è stato nominato “Puer Apuliae” alla IV edizione del premio “Federico
II e i poeti tra le stelle” indetto dalla Sait.
Benvenuto Pierpaolo! Ma
ti sei mai sentito penalizzato come autore per via
dell’aspetto promozionale?
Assolutamente sì. Purtroppo oggigiorno bisogna rendersi
conto che essere servi della società significa sottostare e integrarsi all’onda
travolgente della massa.
Hai un aneddoto
che mi puoi raccontare in tal senso?
Aneddoto più che mai spudorato ed evidente è
riscontrabile nella prefazione da me redatta all’inizio del libro ( il quale scandagliamento si terrà dopo quest’intervista ).
Ma è possibile
prevedere uno spazio letterario per ritenerlo essenziale, reale?
Prevedere è più facile che concretare. Detto ciò,
nascerebbe per divenire uno spazio di nicchia e morirebbe tale, sempre che non
influiscano interessi “diversi”.
Per le
impostazioni culturali occorre essere dei fanatici?
Bisogna essere coraggiosi e consapevoli di ciò di cui si
parla, si lotta, si difende.
Per un originale
permesso a comporre bisogna essere consci delle operazioni che non s’hanno da
fare?
Bisogna essere consci della propria follia. Il resto
viene da sé.
La civiltà sta
diventando una pena da scontare?
Assolutamente no. Quando ci si slega dall’inconsapevolezza
della venuta al mondo, comincia la vita.
Secondo te
rendersi protagonisti di una protesta paga?
Certo. Paga uno o più giorni lavorativi detratti dallo
stipendio.
I giovani
spingono per quale direzione?
Sicuramente non in quella “ostinata e contraria”.
Una definizione
generica di “terrore” è inammissibile?
Una definizione generica di “amore” è ammissibile?
Ritieni che
parlare di una sfida idealistica possa significare centralizzare ambizioni che
mai e poi mai s’incontreranno?
Dall’incontro al confronto, dal confronto allo scontro.
Tante piccole rivoluzioni ne creano una grande.
Comprendi maggiormente la tua intimità o
l’epoca che ti gira attorno?
Preferisco essere un
ignorante (nel significato etimologico del termine), cosicché possa
sorprendermi nuovamente a ogni fatto accaduto, che sia nella mia intimità o
nell’epoca che mi gira attorno.
… La penna è la mia voce (Terre Sommerse
Edizioni)
La
ricostituzione degli elementi, ossia il rinvigorimento universale, è come se
avvenisse in questo poeta che sa di vivere nell’epoca corrente, avente
negatività tastabili, da un capitale umano che non si concentra sul proprio
contenuto, con guidatori di un lusso sproporzionato al ribasso, difficile
d’amministrare.
E
sembra quasi ridicolo darsi alla lettura, significare un atto di fede nei
riguardi di bestie in grado di riflettere per rendere originali, interessanti
dei racconti, pur prediligendo in genere la faciloneria per nutrirsi.
Ci si
gusta mentre prepariamo con cura qualcosa da fumare, tra il convenzionale e il
suo esatto contrario che si avvicinano, non
riuscendo a dormire serenamente, ad affidarsi a un ideale che volga all’insù,
dovendo puntare sulle intime paure, fino a intuire nient’altro che della
sconcezza in movimento, sotto una tenerezza quasi del tutto inarrivabile, con
una passionalità che filtra di nascosto.
Ci
vorrebbe prontezza di riflessi nel comprendere da soli condanne fagocitanti,
vedendo oltre, senza mai demordere, come se si cuocesse un finale di giornata
prelibato, convinti di non morire di stenti, per raffinare gli eventi;
nonostante ci si senta chiusi nel sacro.
Più di una personalità che comportiamo
viene sporcata eternamente da domande distinte da ragionamenti di sola teoria,
risiedendo in un posto che a osservarlo insorgono gli splendidi alti & bassi
dei buoni propositi, con l’indipendenza totalizzante.
Il
poeta si lascia illuminare da una fermezza primordiale, ottenuta se messi a
nudo, da mantenere in buona, fragile sostanza, riaprendo gli occhi in un
presente navigato con l’anima, consapevolmente.
Appurando l’agire con una persona affianco ricominci
a preoccuparti del moto sentimentale, interiore; giungendo così all’aldilà,
salutando per sempre ciò che serbi, avendo versato preziose emozioni, scaturite
dalle libere sensazioni provate dall’altra metà.
L’esperienza che ingrossa l’Io viene sepolta
e offesa dagl’irresponsabili, tra i punti di vista che abbandonano la pelle per
salire in vetta, nella mente spalancata, per udire il colorato mutismo nel
richiamo spontaneo.
Ci
tocchiamo l’acidulo di assicurazioni alimentate da melodie che non smettono di
discendere (“… pelli salate, aride e
secche le vostre certezze, nutrite dalla musica che incessantemente piove …”), dovendo
essere consci delle divertenti prese in giro, di una mentalità d’assumere con
umiltà, non giudicando per principio, in una maniera falsamente educativa,
poiché è con le piccole aspirazioni che si diventa dei giganti.
Pierpaolo
si alleggerisce componendo parole (“da un
poeta spensierato”), fintanto che il sentimento in pratica lo irrigidisce
in trasparenza, per preghiere incolori.
Dal
suo inverno si scrolla, con l’immaginario che lo pressa, contattando la natura
quando dà l’idea d’essere ottimista, nonostante persistano le riproduzioni
farsesche di una sincera, pura decadenza; ignari dei numeri in crescendo, dei
crimini che commettiamo vivendo per chiunque sia incapace di trasmettere
sensibilità.
D’altronde
coloro che si dichiarano perfetti non dovrebbero avere problemi a stabilire ciò
che si pensa…!
I
timori non si bevono umanamente, e quindi si debellano le disfunzioni reali,
d’incanto curiamo le nostre doti morali, a rischio di possederci, con la
delicatezza spacciabile per violenza in luoghi deprimenti, di miseria e
d’offerta; respirando dignità con orgoglio, durante lotte strenuamente attuali,
aventi un’aria sofferta con eterna debolezza, fissando gl’ingranaggi di un
tempo che si riproporrà, a forza di danzare per difetto ed essere processati
dai persecutori di un’innocenza svuotata, nient’affatto solidali con
gl’indifesi.
La
commozione deve farsi dolce, per tornare a distribuire un dono agli aridi
dentro, che hanno dimenticato peraltro di alzare lo sguardo, di perforare una
massa atmosferica in sospeso, nonostante la fretta di stare bene, che decreta
la fine dell’essere umano, piacevolmente.
In
mezzo alle ristrettezze di un popolo, con l’intelletto a plasmare la persona
acculturata e quindi disabile, perlopiù sollecitata all’improvviso alla
raccolta parsimoniosa delle esperienze, le necessità dunque si mettono a nudo, per
lasciarsi assorbire dalla desolazione di coloro che si ritengono soddisfatti.
Si
definisce unicamente l’originale riproposizione di vecchi passatempi
d’impareggiabile grazia, tra versi senza tempo.
Ammiriamo
animatori di un contesto sacro, imbiancato, acceso una volta riposto dentro uno
scaffale appariscente, per ritrovarlo, distruggerlo, trasgredirlo.
Serve
badare a chi ti cerca, perché ciò significa essere legato a te, nella totale
estinzione che decreta costanza nello spaziare tra le possibilità di mutare
anche se per poco, dinanzi alla comune caparbietà.
L’asessualità
è una questione caratteriale, da cui trarre beneficio, purezza d’animo per
amori spezzati, che pulsano.
Ti
devi far perdonare la decisione di accudire il buonsenso, errata; i sogni
divorati, che s’è provato a realizzarli, l’effusione scambiata vedendosi in
quel dato momento, il fatto di restare amici, che non occorre giustificarsi, e allora
tanto vale…!
“Scusa, se ho scelto il giusto sbagliando, se
le illusioni sono il tuo piatto preferito e sebbene non sia cuoca sia riuscito
a cucinartelo; se quando ti baciavo non chiudevo gli occhi, se invece di amarti
ti voglio bene… non ci sono scuse… meglio così, grazie”.
Si scruta, mentre gli altri dormono e
sognano, la dimensione generica, naturale; tanto da emanare calore, l’adeguatezza
del sentirsi protetti per meritare delle dediche che sono in fondo desiderate,
circa qualcosa da offrire pur avendo sofferto, e non importa se di piccolo o di
grande.
Il poeta si rende immagine, sapendo di non
riuscire a riflettere, bensì d’essere bersagliato da occhiate languide ma
prossime all’indifferenza, pur essendoci una bevuta da dividere, senza un
futuro da incorniciare.
Perciò
ti distendi con troppa difficoltà, per rifiorire e appassire piano, insistendo
a seguire il proprio volere; e non v’è cura, perché bisogna assolutamente
emozionarsi, esserne all’altezza per poi distribuire amore, e conquistarne le
prede.
Essere convincenti significa scegliere
quale passione intraprendere, guardando al di fuori, assistendo a coperture
artificiali per strumenti a percussione più che utilizzati, con l’olfatto
catturato da percorsi urbani; magari inghiottiti dal maltempo risaltato da un
fluido aggressivo, illusorio.
Il
distinguo dai maestri elementari, sott’accusa, per mentalità decorate con
candore, autolesionistiche, lo si ricava sensibilizzando in veste tossica,
puntando altrove con la capacità di risparmiarsi, bestiale, che risuona al
margine della lucidità, nelle tenebre, invitante perché si è solo,
ragionevolmente, curiosi (“E voi,
professori della vita, sedete al tavolo degli imputati, cervelli ornati di
gelsomini bianchi picchieranno con martelli sé stessi… E tu, poeta
dell’assenzio, che tendi e ululi silenzi alla luna, come armoniche bottiglie
vuote di notte, riempi il calice vuoto del mio intelletto”).
Includendo senza poter imparare, oppressi
dai complessi d’inferiorità, il significato della parola volge all’armonia, brilla
la faciloneria carnale nel suo cammino al buio, dovendo sparare alla stella
fissata, con la speranza sempre più indurita per far passare il dolore.
Il corto circuito avviene scambiandosi le
anime, immaginando di smettere di parlare, corteggiati da un cielo sereno ma
elevati alle melodie di un discorso nuovo, abbandonato in un tempo attuale, per
cogliere prospettive.
L’illusione
commuove, dolorosa, ti arresta fino a sanguinare, a un’accezione di sorte
inconsciamente nutrita, con la libertà d’esprimersi da studiare ancora, per
essere travolti da misteri che insorgono, sentimentali, in una forma d’investimento
suggellata.
Le
vette del poeta, appena possedute ripresentano il conto dell’attrazione fisica,
perforante.
Una
veste sottile cela l’esistenza da mantenere forte, i dubbi in un’inquadratura superflua,
il distacco da storie, virtuosismi e oggetti diversi; da riunire amorevolmente.
Lievi sussurri d’amanti rigenerano un
percorso propositivo, con la ferocia per avvertire la coscienza.
La
chimica te la porti affianco, inconcludente, dato un caro, impellente prurito,
fin troppo giusto per venirne a capo.
La forza di donare sta tutta nelle origini
terrene di un uomo imperturbabile, che si scioglie negli abissi di un’esistenza
parentale; ed è come se un arbusto essiccandosi sprigionasse l’essenza della
condivisione più sofferta.
Provando
a masticare l’indole diversiva del poeta, si gusta la felicità di colui che si
emoziona, infinitamente vulnerabile nella pelle delicata, per desiderio
dell’altra metà.
Quello che s’acquisisce lo si deve ancora
ottenere, con una concretezza che si profila in maniera andante, conseguendo a
un estro creativo, impegnato coraggiosamente, per sentirsi bene, sicuri.
La
dipendenza dalle pretese di un superiore, per trasparire nuovamente con la
dannata ragione da illuminare, non smette d’impigrire; le aspettative
intervallandosi impreziosiscono quanto accadrà.
Occorre
saper tenere a bada le passioni, appartenere a questo principio di teoria senza
darlo a vedere, al contatto che si rende paesaggio da ripianare con altrettanta
sensibilità.
Le
riflessioni si ottenebrano nelle ore piccole, come se rassegnati al fatto di
non sincerarle alla luce del Sole, con la speranza che luccica, ultraterrena, a mo’ di strumento armonico, funzionale.
Le
ferite del passato si acuiscono selvaggiamente, perché si era bambini elevati a
una dote qual è quella di liberare le proprie volontà.
Il poeta cerca di possedere la sua vita
purché avvincente; rappresentando la gente che sogna un obiettivo da
raggiungere fissandoti negli occhi, che si alimenta con parole fondamentali.
Osservando
il firmamento impari tanto: come perdere, giustappunto per riprendere a
vivacizzare, cambiando così le prospettive; qualcosa che succede d’estate,
quando l’agio si evolve in un irrefrenabile moto ondoso, romantico.
La natura è fertile rendendocene conto,
distribuisce proprietà che ti apparterranno sempre, per accomodare la vita,
improvvisamente…!
Richiedersi
è un’impresa, e ti porgi con le debolezze strutturali di una stagione fredda,
ti lasci circondare d’amici a riprova della comunicabilità che non fai altro
che custodire intimamente, in loro assenza.
Pierpaolo vuole bene a chi gl’insegna come
musicare, a un giovane normale all’apparenza; con quella delicatezza
richiudibile in un organismo umano, ghiacciante, per esigere flebili sussulti,
al fine di spostare l’attenzione dal nulla alle lezioni da seguire col profilo
basso, con la sana paura di non farcela.
Per
suonare piano, riaprendo gli occhi fantastici dinanzi alle tradizioni più
appetitose, melodiose, nella pancia della gente; come se rapiti (ma senza
essere ingannati) da un’eterna sostanza stupefacente.
"Un
ringraziamento speciale all'editore, Niccolò Carosi, che da sempre ha creduto nelle
potenzialità dell'autore, dandogli un'occasione per esporsi, come poche, viste
le difficoltà di questi tempi".
Vincenzo
Calò
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