Misteri,
tesori dei Templari, addirittura tracce per ritrovare il Graal: tutto questo è
stato attribuito a quel fazzoletto di terra vicino ai Pirenei francesi che è Rennes-le-Château. Lasceremo perdere,
in questa sede, le “certezze” di Dan Brown e Margaret Starbird, per
concentrarci sulle ricerche in loco di Giorgio Baietti. Come mostra lo scrittore nel romanzo Buio come il vetro (Bologna 2015, Minerva Edizioni), il mistero di
Rennes-le-Château ha propaggini in Italia. Lo prova l’ormai introvabile saggio
dello stesso autore: Lo specchio inverso. Da Rennes-le-Château
all’Italia (Torino 2007, Edizioni
L’Età dell’Acquario).
Il paesello è famoso per via di Bérenger Saunière, che ne fu parroco
dal 1885 al 1917, anno della sua morte. Al proprio arrivo, il sacerdote trovò
la chiesa di Santa Maddalena in pessimo stato. Nel 1886, cominciò la
ristrutturazione. Dal 1891, l’arciprete si dilettò anche di riempire l’edificio
d’iscrizioni, fra cui la famosissima TERRIBILIS
EST LOCUS ISTE (= “Questo luogo è terribile”, Gn 28, 17). A sottolineare il
concetto, oltre la soglia, si trova la statua del demone Asmodeo. È una figura tratta dal biblico Libro di Tobia, dove il
protagonista, accompagnato dall’arcangelo Raffaele, deve compiere un viaggio
con finalità salvifiche. Asmodeo è il principale nemico da sconfiggere. Così
scrive Baietti: “Il nome deriva dall’iranico Aeshma deva che significa demonio dell’ira ed è sinonimo della
malvagia potenza diabolica. […] nella chiesa di Rennes non vi sono catene a
tenerlo imprigionato, e il demone è libero di lasciarci alcune indicazioni. La
sua mano sinistra è aperta sul ginocchio destro, forse per sottolineare
l’unione cinque-ginocchio, che in francese, cinq-genou,
si pronuncia quasi come saint Genou, monaco francese del III secolo che è
ricordato sul calendario alla fatidica data del 17 gennaio. […] la statua presenta altre particolarità, come il
seno che non è al posto dove generalmente si dovrebbe trovare […] la mano
sinistra che è chiusa, come se dovesse stringere un bastone invisibile oppure
indicare un cerchio […] è seduto ma gli
manca la sedia su cui appoggiarsi. […] la sedia mancante, o meglio la poltrona,
è una roccia denominata, appunto, Poltrona del diavolo […] A pochi metri sgorga
una polla d’acqua che è denominata «Sorgente del cerchio» e, sempre nell’arco di
una distanza minima, troviamo un «Sein du diable» e la «Pierre du pain», roccia
su cui è impressa un’impronta di cinque dita che la tradizione locale ha
battezzato «Mano del diavolo». Quello che, però, colpiva maggiormente di questa
statua inquietante erano gli occhi: blu, intensi, bellissimi e strabici.” (pp.
114-115). Nel 1996, una mano ignota ha staccato di netto la testa e il braccio
destro di Asmodeo. La modalità dell’azione esclude il casuale vandalismo.
A
un destino simile andò incontro il Cristo che sorgeva su un declivio nel
villaggio di Antugnac, parrocchia che Saunière resse ad interim per un anno. Quella statua funzionava come testimone
solare; la sigla geometrica rappresentata sulla sua mano destra era presente
anche a Blanchefort, sulla “Poltrona del diavolo” sopra Rennes-les-Bains e sul
Monte Bugarach, ove lo sguardo del Cristo si rivolgeva.
Durante la ristrutturazione della
chiesa, Saunière scoprì infine una lastra, detta “Dalle des chevaliers”, che
chiudeva l’ingresso alla cripta dei signori di Rennes-le-Château. Dietro di
essa, furono rinvenuti un’anfora e alcuni oggetti luccicanti, che il parroco
non lasciò vedere ai muratori. Questa scena ricorda quello che era avvenuto nel
1826: nel villaggio di Rivels, due operai avevano ritrovato casualmente
un’anfora simile ripiena di pezzi d’oro. Fatto sta che, da allora, Saunière
divenne famoso per la prodigalità. In particolare, edificò Villa Betania, sede
di feste con ospiti illustri, e una torre neogotica detta Torre Magdala. La
prima fu palesemente modellata sulla casa dove Estelle Faguette, a Pellevoisin, ricevette quindici
apparizioni mariane nel l876. Ma Saunière, nel 1891, rese omaggio anche a
quelle più celebri di Lourdes: fece
costruire un calvario per la preghiera. Durante l’inaugurazione del medesimo,
fu posta una statua della Madonna su un pilastro visigoto che sorreggeva il
vecchio altare della chiesa. Detto pilastro era stato capovolto per volontà del
parroco e coperto di scritte. E il rovesciamento (lo “specchio inverso”) è la cifra dei simboli, in questa terra.
Nicolas Poussin, "I pastori d'Arcadia", 1639. |
Altre stranezze dell’arciprete erano
le incessanti ricerche nel cimitero, insieme alla fida perpetua Marie
Dénarnaud. A Rennes-le-Château, si ricevono più informazioni dai morti che dai
vivi - dice Baietti. Almeno, laddove le tracce non sono state asportate, come
nel caso di Asmodeo. In particolare, è interessante la lapide sulla tomba della
marchesa Marie de Negri d’Hautpoul de Blanchefort (deceduta il 17 gennaio 1781). Essa riporta, fra
altre, l’iscrizione Et in Arcadia ego: la
stessa che ha reso famoso il dipinto I
pastori d’Arcadia di Nicolas Poussin
(1594-1665). Una composizione che si presta bene a essere rovesciata specularmente, cosa che fece Bernard Picat in
un’incisione, alla fine del XVII sec.: “forse perché è attraverso uno specchio
che si vede la migliore prospettiva” (p. 57). Nella prima versione (fine anni
’20 del ‘600), una pastorella mostra la coscia destra, come l’insolito San
Rocco nella chiesa di Rennes-le-Château. Alfeo, il signore delle acque, volge
le spalle allo spettatore. “Alcuni critici hanno visto in questo particolare un
chiaro messaggio esoterico […] tenendo presente l’importanza che assume in
questo contesto l’acqua che scorre sottoterra, quale simbolo inequivocabile di
una conoscenza perduta e che riaffiora solo per «dissetare» gli iniziati” (p.
57). Dietro la “D” dell’iscrizione tombale, s’intravede una croce. Nella
seconda versione del 1639, scompaiono sia la pastorella che Alfeo. Rimane il
motto latino, ma l’attenzione si sposta dalla “D” alla “R”, indicata dal dito
di un pastore. “A livello cabalistico, la D è legata alla delta greca e alla
dalet ebraica; quest’ultima era strettamente connessa al pianeta Giove e al
numero 4” (p. 58). La citazione di Paola Santucci presente nelle pagine di
Baietti identifica Giove con l’aria, con lo spiritus
mundi che dà vita all’universo. La “R”, invece, simboleggerebbe Saturno e
la testa dell’uomo, forse “il «caput mortuum» o l’intrigante «testa barbuta»
venerata dai Templari?” (p. 59). L’autore cita uno studio di Franco Baldini che
vede in questa lettera un richiamo fonico all’aria, nonché una retrodatazione
delle tradizioni spirituali arcadiche: l’arrivo del culto di Iside anche
laggiù. Sulla tomba della marchesa suddetta, le terminazioni delle parole
latine ripetono due volte “IS-IS”, infatti. “In quel punto [= di fronte alla
Torre Magdala] era stata trovata una statuetta di Iside e sulla collina di
fronte […] era venuto alla luce un manufatto analogo, ma con le fattezze di
Osiride” (p. 147). Quanto alla “testa dell’uomo”, Baietti menziona - qualche
pagina prima - il “Cap de l’homme”, la roccia in cui il parroco di
Rennes-les-Bains (non lontano dall’altro Rennes) rinvenne una testa in pietra.
Sulla sua nuca, era inciso il quadrato palindromico del Sator. La seconda
versione de I pastori d’Arcadia, per
di più, mostra un paesaggio assai simile a quello di Rennes-le-Château.
E Baietti non si ferma a questo
paesello. Ne elenca altri, tutti di quest’area detta Razès, menzionata sette volte anche da Nostradamus (1503-1566) nelle celebri Centurie astrologiche (1550-66) .
Le loro chiese presentano una tendenza alle iconografie insolite, in
particolare all’insegna del rovesciamento:
capovolgimento dell’ “N” dell’iscrizione “INRI”, dell’ordine usuale delle
Stazioni. Particolarmente interessante è Notre Dame de Marceille, per via della
sua Madonna Nera miracolosa e
dell’annessa sorgente d’acqua benefica. Nel 1793, questa Madonna scomparve. Fu
ritrovata a casa del priore dei Penitenti blu, il cui motto era quel
“Pénitence, pénitence” che Saunière farà iscrivere sul pilastro rovesciato
destinato a reggere la sua Madonna. L’abbinamento Vergine Maria - acqua
miracolosa non fa pensare solo a Lourdes, ma anche all’etimologia celtica di
“Marceille”: to mar, “guastare,
danneggiare”; to seel, “chiudere gli
occhi” (cfr. p. 180). Le guarigioni di quella fonte, infatti, riguardano
perlopiù malattie della vista.
Il “ponte ideale” fra
Rennes-le-Château e l’Italia è da ricercare ad Altare, in provincia di Savona. Anche qui, il protagonista fu un
parroco, Giuseppe Giovanni Bertolotti (1842-1931). Anch’egli poté permettersi
spese favolose, a partire dal 1875. Come nella chiesa di Rennes-le-Château, le
Stazioni sono in ordine inverso ed è presente una statua di San Rocco che
mostra la gamba destra. Tanto quanto Saunière, Bertolotti rifiutò
d’abbandonare, per qualunque ragione, la parrocchia che pareva custodire il suo
“tesoro”. I legami di Altare con la Francia sono evidenti anche grazie ai
finanziamenti che giunsero al paesello dal 1898 fino alla morte dell’arciprete.
La “specificità spirituale” del
meridione francese affonda le radici nel Medioevo. L’area di Rennes-le-Château
e dintorni è, infatti, quel “Pays Cathare” dove si affermò il movimento
sincretistico dei Catari o Albigesi
(XII-XIII sec.). La marchesa de Blanchefort, per l’appunto. discendeva dalla
famiglia che aveva ereditato l’ex-castello cataro che diede il nome a
Rennes-le-Château. Era imparentata anche con il ceppo di Bertrand de
Blanchefort, Gran Maestro dei Cavalieri
Templari.
Questo articolo è un riassunto per
nulla esauriente delle ricerche di Giorgio Baietti. È praticamente impossibile
dire in poche pagine tutto quello che il Razès riporta nel proprio “cifrario”.
E, sul mistero di Rennes-le-Château, possiamo dire con Baietti: “Com’è
difficile trovare un modo originale per scrivere la parola fine”.
Pubblicato su Uqbar Love, N. 174 (10 marzo 2016), pp. 22-24.
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