Passa ai contenuti principali

Merenda con gli autori

I bar sono i migliori amici dei poeti. Davanti a una buona tazza o a un buon bicchiere, gli animi si rilassano e le orecchie si aprono: pronte a gustare piaceri letterari, insieme a quelli del palato. Per questo, Diego Baruffi ed Erica Gazzoldi hanno accolto volentieri l’appello del Ragtime Café di Manerbio, che cercava buone penne per le “Merende con l’autore”. 

            Il 27 febbraio 2016, i due si sono ritrovati nel locale per far conoscere le proprie recenti raccolte di versi: "La via del cuore", l’autopubblicazione di Baruffi, e "La biblioteca di Belisa" (2015, Limina Mentis) della Gazzoldi. Il primo di questi titoli aveva anche dato il nome allo spettacolo dello scorso 23 gennaio, presso il Politeama.
            Il microfono è spettato dapprima a Baruffi, che ha presentato i propri versi come ispirati a diverse forme di amore: quello per la moglie e il figlio certamente, ma anche per Manerbio e le sue campagne, per il Mella morente, per una sconosciuta cui regalare un poco di tempo, per la poesia stessa. Quest’ultima - insieme ad altre forme d’arte - è stata indicata da Baruffi come una delle ricchezze che l’Italia potrebbe riscoprire in sé.
            Come assaggio de “La via del cuore”, è stato letto il componimento che dà il nome alla raccolta, in cui l’autore immagina la moglie e il figlio camminare lungo la via che conduce all’interno della sua anima. È stata rievocata “La Madonnina del Rosario”, ricca di felici ricordi d’infanzia, e una passeggiata “Nella nebbia” che portò Diego ad “aprire la porta alla solitudine”.
            Del proprio libro, la Gazzoldi ha spiegato che sviluppava un’idea già adottata in precedenza: inscrivere le poesie in una cornice narrativa. In questa, un doppio fiabesco della poetessa dialoga con un “io” maschile - ugualmente maschera dell’autrice. Questi colloqui introducono a sette sezioni, ciascuna con un titolo: sette idee per libri mai nati. Per questo, la raccolta è una “biblioteca”.
            Dalla sezione “Lettere ad Attico”, è stata tratta “Tra il bianco e il nero”, ricordo di un eccentrico amico pianista. Dall’ultima (“La carne dell’anima”), è stata pubblicamente letta “Ebbene”, una breve disquisizione sull’impossibilità di far poesia d’amore secondo i canoni del genere. La Gazzoldi ha concluso la propria parte con “Il mio cuor è un Medioevo”, testo quasi programmatico.
            È stato omaggiato anche Romano Franco Tagliati, giornalista e scrittore che aveva chiesto di essere rappresentato da “Maria Maria”, una sua poesia d’amore e ricordi: “La Sicilia era in tutti i miei sogni di ragazzo/Un canto/Che talora si rianima…”
            A sorpresa, si è presentato alla “Merenda” anche Michele Miceli, giovane manerbiese che ha mostrato ai due organizzatori il manoscritto di una sua poesia. Con lui, ha presenziato all’evento Anna Santoni, lenese, autrice di due raccolte poetiche e diversi romanzi. Che la letteratura scorra a fiumi!

Paese Mio Manerbio, N. 106, marzo 2016, p. 6.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...