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La nipote del diavolo - I, 3

Parte I: Fili pendenti



3.

Nilde giocherellava con la molla di una penna, su quella poltroncina. Il suo sguardo vagò, per un attimo, su una pianta d’appartamento dalle foglie lunghe e lucide.
            «Mi stai ascoltando?» l’apostrofò Michele Ario.
«Sì, zio». La voce della ragazza suonò vitrea. 

Le folte sopracciglia di quell’uomo bruno e maturo non accennarono a distendersi. Quel pomeriggio, aveva accompagnato Nilde nell’aula dove si tenevano i corsi di mnemotecnica ed esercizi mentali offerti dalla Lotus, l’associazione di psicologi presieduta da lui. In un’atmosfera di miracolo, aveva mostrato agli allievi la nipote, creduta morta in ospedale e, invece, viva davanti a loro. Nel proprio corsetto viola e nei propri pantaloni di cuoio, la ragazza aveva però ostentato ben poca volontà di partecipare all’atmosfera di giubilo. Aveva mantenuto un’espressione di statua, fissando i presenti con quegli occhi così limpidi da essere gelidi. Il dottor Ario aveva dunque creduto bene parlarle viso a viso, nel proprio studio.
            Respirò a fondo e si sistemò meglio sullo schienale della sedia. «Nilde, da una parte, capisco le ragioni che hai avuto per ribellarti a me… Alla tua età, avrei fatto così anch’io, magari. A vent’anni, le idee di “bene” e di “male” sono molto manichee… e irreali. Mi hai accusato di “lavaggio del cervello” perché riesco a entusiasmare quei ragazzi del corso, a farli lavorare per la “Lotus”… Certo, non nego che mi piacciano l’obbedienza e la devozione. Cose che, per inciso, è impossibile ottenere davvero da te». I suoi occhi nerissimi fissarono la nipote, vibrando come carboni.
            «Dimmi tu… cos’avresti voluto fare di quei ragazzi insicuri e volubili, che si rivolgono ai nostri corsi perché non credono nella propria intelligenza? Se non avessero incontrato la “Lotus”, si sarebbero dati in pasto ad altro. Escono da quelle lezioni volando dalla felicità e pieni di progetti di vita. Era questo il delitto che pensavi di svelare al tuo Amedeo? Per questo, mi volevi denunciare?»
            Nilde abbandonò la penna sulla scrivania dello zio e puntò lo sguardo nel suo. «Era questa l’insubordinazione che volevi punire? Per questo, mi volevi far seppellire viva?» replicò, facendogli il verso.
Ario cercò di dominarsi, nonostante la vena che cominciava a pulsargli sulla fronte: «Abbiamo tempo per tutte le lezioni di cui hai bisogno».
«Basta che tu non mi faccia più svegliare in una bara» modulò lei, con melato sarcasmo. «Altrimenti, il conte Dracula potrebbe mandarci il suo avvocato».
            Sul volto dello zio, aleggiò un sorriso sardonico: «Tranquilla. Nemmeno a me piacciono i copioni già visti».

[Continua]


Pubblicato su Uqbar Love, N. 174 (10 marzo 2016), p. 18.

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