L’Anchealtrista
–al
contrario del cugino Benaltrista–
cammina a dispetto universale
sull’orlo di una lista:
appunti di preghiere senza voce,
di tombe senza croce,
di acque senza foce
– sa che la sua vista
può farlo somigliare al Complottista,
ma l’Anchealtrista
ha più senso del destino
o, meglio, della causa-conseguenza.
Nei suoi gialli, non ci sono
maggiordomi,
ma una folla di assassini
per cui l’historia magistra vitae
è un corso di morte necessaria,
come un treno di cassonetti
in cui si scaricano i cervelli.
E l’Anchealtrista
rimescola quella spazzatura mista,
per salvare un neurone
che garantisca la giornata.
Non si fida della libertà
di essere tutti uguali
e nemmeno delle parole in –ista:
nazista-fascista-comunista
e – beninteso – anchealtrista.
Puzzan troppo di dita puntate
per nascondersi il volto.
L’Anchealtrista
sputa sulla droga ottimista,
ma non lo si può dire pessimista
(altrimenti, avrebbe già cessato
di fare l’Anchealtrista).
È un cavaliere dalla trista
parola e dal cuore buono,
alla ricerca di un Cervantes
che riduca in carta
i suoi mulini a vento.
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