“Appena
appena un po’ di convenzionalismo «sessantottesco» o di ortodossia comunista,
impedirebbe a un giovane di capire che il modo di essere degli italiani di
allora non era condannabile o indegno perché non rivoluzionario, o perché
addirittura passivo. Ci sono intere epoche, anzi millenni, della storia umana,
in cui il popolo è stato così. Ma la dignità dell’uomo non è, per questo,
inferiore. Non esistono uomini «subumani». Gli uomini trovano sempre il modo di
«adempiersi». E ciò non lo dico sotto il segno di nessuno spiritualismo, ma
sotto il segno di una concretezza razionale, anche se fondata sul sentimento. È
astratto, disumano e stupido, invece, chi pronuncia facili condanne contro
interi periodi della storia umana in cui il «popolo» ha risposto alla
sottomissione con la rassegnazione. Il momento dello spirito di tale popolo che
fosse potenzialmente rivoluzionario trovava sempre il modo di esprimersi
altrimenti: magari proprio attraverso la rassegnazione e, soprattutto,
attraverso la totale estraneità alla
cultura della classe dominante. Nel momento in cui, sotto il fascismo, il
popolo, pur obbedendo meccanicamente a certe imposizioni «armate», si
manteneva, in realtà, perfettamente (fisicamente, esistenzialmente) estraneo
alla cultura del potere, esso, sia pure in modo inconsapevole, riaffermava la
propria dignità.”
PIER PAOLO PASOLINI
Da:
Ebreo-tedesco, «Tempo», 1 febbraio
1974.
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