Parte III: Il filo di Arianna
9.
Nilde
levò gli occhi verso le bifore che si aprivano come pupille di gatto,
nell’arenaria di S. Michele Maggiore. Il pomeriggio inoltrato ammantava la
chiesa romanica d’un alone sonnolento. La ragazza strinse a sé, sotto il
soprabito scuro, la katana che non aveva lasciato neppure nella bara. Inspirò a
fondo e varcò il portone dell’edificio.
Nonostante mancasse mezz’ora alla
consueta Messa feriale, la chiesa era deserta. La ragazza udì, dietro di sé,
che gli ingressi venivano chiusi. Benedisse la connivenza di don Raffaele.
Vide subito quella figura d’uomo
maturo, dalle sopracciglia fosche, che si levava nel mezzo della navata,
vestito d’un soprabito simile a quello di lei. Si trovava proprio sopra i
cinque dischi di marmo che, secondo la leggenda, contrassegnavano il luogo
delle incoronazioni degli aspiranti re d’Italia con la Corona Ferrea.
«Per una volta, arriva Arianna al
posto di Teseo» commentò amabilmente l’uomo. «Ecco, vedi: il tuo filo ci ha
portati nel cuore del Labirinto.»
Nilde
gli rispose con un ghigno. «Speravo che il mio stratagemma funzionasse meglio.
Ma avrei dovuto capire che avresti mangiato la foglia. Ad ogni modo, siamo
qui».
Ario sospirò. «Lo zio prete di
Amedeo scrive bene, devo dire. La sua lettera mi ha fatto piacere, anche se
sapevo che c’era il tuo zampino. Del resto, il cognome del parroco di San
Michele Maggiore è identico a quello del tuo amico… Non ci vuole una mente
eccelsa per fare due più due».
La ragazza si rabbuiò. «A ogni modo,
cos’hai fatto di Amedeo?»
«Lo
saprai immancabilmente».
«Hai
accarezzato la testa anche a lui?»
Ario
scosse il capo. «Lui non è un nipote testardo, ingrato e superbo come te. Mi ha
messo i bastoni fra le ruote, ma l’ha fatto per amicizia verso di te… o per
qualcosa di più, a ogni modo. Non sono così invadente, circa i tuoi
sentimenti». Una luce maliziosa brillò nei suoi occhi infossati.
«Sto ancora cercando di capire la
morale della storia, però».
«Tu
hai ascoltato la Valchiria di Richard
Wagner. E il tuo nome non è che l’abbreviazione di “Brunilde”,
l’italianizzazione del nome della protagonista. Se ricorderai la fine che fa
quella gentile donzella nella vicenda… avrai capito il parallelismo».
Nilde fece una smorfia. «E, così, tu
saresti il sommo dio che punisce la figlia ribelle? Ti sapevo megalomane, zio,
ma non finisci di stupirmi».
Sulle
labbra di Ario, vagò un sorriso sicuro. Poi, si scostò un lembo del soprabito.
Anche lui nascondeva una katana al fianco.
«Attraversare
la morte è l’unico modo in cui i ragazzi immaturi e superbi come te possono
cominciare a crescere, Nilde mia».
«Infatti,
non sono più una bambina, ora» rispose lei, in tono di sfida. Sguainò la
katana. «Ho saputo che mi avevi preparato un posto nella nostra tomba di
famiglia. Un pensiero delizioso, caro zio. Lo ricambierò».
Ario
sospirò: «Lo farai, un giorno. Ma aspetta almeno di imparare a usarla, quella
benedetta spada».
[Continua]
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