Daniele
Berto…
Daniele Berto (nato il 28 febbraio 1983)
scrive versi da quando è adolescente, periodo nel quale è nato l’amore per la
poesia e la letteratura.
È preparatore atletico e fisioterapista, ma
ha lavorato per anni come magazziniere e barista.
Nel 2014 ha pubblicato la sua prima
raccolta poetica, Schegge; queste
poesie sono scritte da un minatore che viaggia dentro alla propria anima.
Da due anni, ha intrapreso lo studio delle
Lettere Moderne.
Allora Daniele, quale annuncio ti aspetti a
breve per puro (o impuro?) senso d’unione?
Mi
aspetto un annuncio un po’ naif, visto che nel mio libro il protagonista è un
minatore che parte per una miniera lunga e profonda: la propria anima. Ma tutti
i viaggi hanno senso se poi condivisi… quindi quel minatore è pronto a
condividere le sue “schegge” con altri poeti e scrittori di ogni genere e tipo.
Chi è ch’emette oggigiorno giudizi liquidatori?
Chi è ch’emette oggigiorno giudizi liquidatori?
I
massmedia con la loro logica consumista basata sulla catalogazione di tutto
quello che esiste.
Ti piace più un’accoglienza calorosa o prestigiosa?
Calorosa… ci sono parole, sguardi e ringraziamenti che valgono molto di più di un premio.
L’ultima volta che hai detto sinceramente “grazie”?
Ti piace più un’accoglienza calorosa o prestigiosa?
Calorosa… ci sono parole, sguardi e ringraziamenti che valgono molto di più di un premio.
L’ultima volta che hai detto sinceramente “grazie”?
Questa
mattina.
Di questo passo credi che andremo incontro verso una poesia di tipo “populista”?
Non credo. Penso che la poesia difficilmente possa arrivare a tutti quanti… viviamo in una società antipoetica, massificata, e basata solo sull’esteriorità, sull’apparenza e sulla logica del profitto in ogni ambito della vita. Sarebbe necessario, innanzitutto, che i poeti tornino ad avere un ruolo più partecipe all’interno della società stessa, per aiutare le persone ad avvicinarsi alla parte etica e spirituale che c’è in ognuno. Inoltre, serve una scuola che stimoli di più bambini e ragazzi ad amare la poesia.
La parola sta soffrendo mancanza di prospettive?
La parola deve saper rinnovarsi senza perdere le sue caratteristiche essenziali che provengono da lontano. Deve attraversare il suo tempo, ma senza farsi travolgere da quest’ultimo, né arroccarsi negli stili o nelle rigide regole passate. Prospettive ce ne sono, ma per catturarle o vederle è necessario ripartire dallo studio della letteratura: da quella classica a quella contemporanea; perché la conoscenza è il primo passo per poter ampliare la propria prospettiva.
Ti preoccupa la confusione interpretativa?
Di questo passo credi che andremo incontro verso una poesia di tipo “populista”?
Non credo. Penso che la poesia difficilmente possa arrivare a tutti quanti… viviamo in una società antipoetica, massificata, e basata solo sull’esteriorità, sull’apparenza e sulla logica del profitto in ogni ambito della vita. Sarebbe necessario, innanzitutto, che i poeti tornino ad avere un ruolo più partecipe all’interno della società stessa, per aiutare le persone ad avvicinarsi alla parte etica e spirituale che c’è in ognuno. Inoltre, serve una scuola che stimoli di più bambini e ragazzi ad amare la poesia.
La parola sta soffrendo mancanza di prospettive?
La parola deve saper rinnovarsi senza perdere le sue caratteristiche essenziali che provengono da lontano. Deve attraversare il suo tempo, ma senza farsi travolgere da quest’ultimo, né arroccarsi negli stili o nelle rigide regole passate. Prospettive ce ne sono, ma per catturarle o vederle è necessario ripartire dallo studio della letteratura: da quella classica a quella contemporanea; perché la conoscenza è il primo passo per poter ampliare la propria prospettiva.
Ti preoccupa la confusione interpretativa?
Prima
di pubblicare controllo la chiarezza dell’aspetto morfo/sintattico,
lessico/semantico e che il significato (o uno dei significati) che voglio
trasferire possa essere compreso. Nella mia poesia spesso m’interessa far
partire un concetto oppure un’idea dal testo. Bisogna essere consapevoli di che
cosa si vuole parlare, in che modo, e a chi si vuole arrivare. Poi, è
accettabile il fatto che, se scrivo a una persona specifica in particolare, ad
altri possa non essere chiaro il testo o un suo passo o i simboli e le
allegorie che utilizzo. La poesia non si può spiegare del tutto, si
rischierebbe di ucciderla in questo modo. Personalmente, la poesia che
preferisco è quella del non detto, che lascia una coda di pensiero che ti porta
via, che ti allarga l’orizzonte… quindi a volte scrivo una cosa oppure utilizzo
un’immagine per dire il suo contrario.
Mi descrivi il primo panorama al naturale che ti torna in mente?
Mi descrivi il primo panorama al naturale che ti torna in mente?
Una
spiaggia con la pineta alle sue spalle. I pini marittimi che accompagnano i
miei passi verso la rena. Un pendio dolce che s’abbassa sempre più finché la
spuma d’onda non mi accarezza i piedi. E lo sciabordio che mi culla l’anima
mentre i murazzi brillano indorati dai raggi del sole. E il mio respiro
all’unisono con le onde.
Qual è il dubbio più bello?
Che il meglio deve ancora venire… e dipende soltanto da noi.
Cosa ti resta di un viaggio solitamente?
Qual è il dubbio più bello?
Che il meglio deve ancora venire… e dipende soltanto da noi.
Cosa ti resta di un viaggio solitamente?
Dipende
da dove vado e se ci vado solo o in compagnia. L’ultimo, fatto da solo, a Rocca
Imperiale, mi ha lasciato sguardi d’ammicco, sorrisi, il ricordo delle zagare e
degli agrumeti, le pale dei fichi d’India. Ma soprattutto questo viaggio è
successo per caso, e grazie a una poesia. Grazie a dei versi ho scoperto delle
meraviglie che neanche pensavo esistessero. La magia.
…
Schegge (Aletti Editore)
Una raccolta di
versi, composti in un decennio (tra il 2004 e l’anno scorso), addirittura a
tratti velata di attualissima canzonatura, dagli evidenti cambi di schema
rinfrancanti in genere lo scriteriato piacere di leggersi dall’esterno; ignaro
della provenienza di termini da percepire, senza coglierli per forza, credendo
di rimettere in ballo l’affermazione non appariscente di un giovane che si deve
rendere responsabile, avventurandosi nel cammino per divenire grande.
Il poeta si appoggia
a un interrogativo in attesa che qualcuno lo sblocchi, chiede in che situazione
e in quale momento spunta un malessere, la motivazione del piattume
esistenziale.
D’altronde i tesori si lavorano soffrendo, ricavandone
solitudine con indumenti impossibili poi da smacchiare.
La dote per deliziare lo splendore di uno spirito distinto e
consacrato è miserevole, specie nei riguardi di una partner che comunque l’approva
in tono confidenziale prima di allontanarsi piano per spegnere nuovamente il
sole.
Il quantitativo di trucco per convincersi della propria
eternità sconcerta, piuttosto è importante esclusivamente meritarsi un
patrimonio, infischiandosene con leggiadria dello scetticismo a tal punto da
ridicolizzare l’antipatia espressa dall’individuo che oltraggia una certa presa
di posizione.
Daniele indossa una varietà di effetti, non intendendo
stabilizzarsi e far venire meno nient’altro che il Sentimento, con la
demoralizzazione dovuta dal cieco di turno, per una ragazza preda
dell’opportunismo globale, che si avventa con passione sull’amoroso senso da
divorare.
“… l’attesa mi spetta.”.
La poesia vivacizza
la carta, ma stando a una coppia di richieste che probabilmente si soddisfano contando
su giuramenti ordinari, sulla vita da concedere di volta in volta, nella
fredda stagione che volge all’anomalia di tanto in tanto.
Daniele Berto si fa
carico di delusioni da lucidare con l’utopia di chi non smette d’essere
ottimista, pur appartenendo a un disgraziato insieme di strumenti che
inavvertitamente viene travolto dal terrore moderno.
Si ha a che fare quindi con le tracce che lascia una forma
d’essere solitaria che spazia nonostante l’urbano dissapore, a secco di
visioni; così da scorgere l’indifferenza che ci percuote e far insorgere il
nostro significato prima o poi, manco fosse innaturale centrare l’umana
ragione, tra i diavoli della relatività
che serbiamo, e con l’incertezza a seguito di ciò che inconsciamente offriamo.
L’aridità immensa di un’ambizione esagerata si accentua
girando a vuoto in cerca di una soluzione liquida, la più semplice ed
essenziale, fino a complicare ulteriormente il pensiero di pronto incanto,
scaturito dall’analisi di testi irreali e dalle sequenze di un cinema che non
viene prodotto, frutto dell’onestà intellettuale che si genera appieno… e
magari casualmente!
V’è l’anziano che procede intanto senza avere più fretta,
dando l’idea di una corrente che non elettrizza oramai alcun percorso, seppur
si fiondi nel profondo, lasciandosi catturare dall’età, diversa e impetuosa,
del soggetto che può rianimarsi però grazie proprio a chi è avanti con l’età;
come se messi sottosequestro sempre da una condizione dettata dall’alto.
Bolidi da corsa gareggiano ogni giorno, debellando il
desiderio d’immaginare cosa prova un meraviglioso volatile in azione, di
destare presenza davvero al culmine di un contatto fatale; costretti ad
accontentarci di ciò che abbiamo a disposizione, a dipendere da un’agiatezza
rimarcabile, che non ci riguarda, sprecando respiri per il bene che ci dobbiamo
volere, a svanire nell’interesse smarrito dal sognatore privato del suo
approdo.
La vista è occupata
dalla riflessione, da un moto d’opinioni spulciate col cronometro da far
scattare, per una questione di vita o di morte, arrivando a censurare
l’imparzialità dentro di noi.
La predestinata fine di troppe relazioni affascina i comuni
mortali, conquistabilissimi da chi non s’impegna scansando l’aspetto mediatico
che non si lascia sincerare, per puntare sulle opere edite ma introvabili e non
fare più paura con la verità; purché quest’ultima non la si stravolga
essenzialmente così d’avere la possibilità di sensibilizzare senza risultare la
solita delusione per gli “altri”.
Soprattutto l’orientamento dell’estraneo che si dispera;
privato del suo punto di vista per viaggiare e amare, in una storia che non faccia
rumore, che s’isoli nell’aria, per espandersi ancora invocando dolcemente
l’amara metà con qualsiasi esperienza spremuta per non deludere le attese, a
costo d’incentivare il proibito moralmente, suscitando una festa a sbafo di
coloro che assumono una dignità alimentandosi necessariamente.
La volontà, carnale, si pone dinanzi al poeta; e in un vento
caldo, romanticamente preteso, la fisicità si stempera, proporzionale alla
riflessione spaziante nello sconforto.
La fantasia è infernale date delle testimonianze d’affetto
che s’intrecciano a causa dell’ego perdurante, cosicché qualsiasi istante segna
irrimediabilmente, stando a rimirare la femminilità composta da corpi celesti
semplici e delicati, nel buio arcano di un amore autentico, che si sdoppia
immensamente, con la sacralità da confermare specie in una città movimentata.
Ci si può muovere senza darlo a vedere componendo in versi,
alimentati da un’armoniosità d’inconscio, aspettando di centrare il destino di
colei che ami, che ha deciso, rischiando il peggio, di procedere piano;
dignitosamente e dunque sapendo d’avere sbagliato talvolta, giustappunto per
rialzarsi con la forza di un’illusione.
Animando, il poeta riempie di ricordi la ragione, determina
le attitudini di carattere esistenziale quando tutto tace in negativo.
Andando in giro, noti
come l’attimo si colga per qualsiasi intento scartando la quotidianità come il
dono da riporre nel mutismo di un giovane che focalizza le proprie esperienze;
uno scorcio d’infinito da riammettere essenzialmente con la libertà che serbiamo
probabilmente, in virtù di quel sentimento sincero, che non si presta alla resa
incondizionata; di quell’imperativo che come per magia motiva il collettivo
seppur imperversino le solite debolezze, di un qualcosa di così a dir poco
prezioso e casuale che non diventa mai indimenticabile.
Daniele si appassiona alle controversie, sottilizzando le
interpretazioni che scaturiscono da un vocabolo, per un soggetto di amoroso
senso da osservare affinché si possa rifiorire d’incanto e per sempre alla luce
di un flash, di sola apparenza; per rincuorare in base alla scarsa
predisposizione del buonsenso.
Il passato torna a
splendere in un luogo d’incontro alla portata di tutti, sotto l’effetto di una
dichiarazione d’amore resa visibile proprio a causa di quel dolce timore di non
riuscire a reggerla, a stare insieme per tutto il tempo di chiedersi se abbiamo
cominciato o finito un certo percorso emotivo.
Le vittorie di una
vita non tornano in un ricordo, e ti sposti fatalmente, dipendendo da un
invisibile sentore che semmai traccia nel cielo arcobaleni per sicuri
lottatori, non vedendo l’ora di risultare sufficientemente, tra i mormorii e
gli aiuti per rimediare in tempo al test scolastico sulla sobrietà materiale; in
preda agli accessori che si espongono per la compravendita che ti faccia
sembrare come gli altri, da immortalare per non isolarsi a fronte del tempo piccolo,
eccessivamente frammentario per argomentare e riprendere a studiare al fine di
comprendere oggettivamente la letteratura senza che si parli sul serio.
Ora il tempo passa velocemente, a scapito delle vie da
seguire, delle prove orali da superare, circa le teorie per regolamentarsi
tanto da trarne beneficio; ma il poeta identifica l’inizio di una storia
d’amore nello scoramento a seguito dell’ottenimento di un pessimo giudizio
globale.
La richiesta di stratagemmi ulteriori alla poesia più bella,
per ritemprare lo spirito quando fa freddo e sfidare la sorte, non è esaustiva;
ugualmente certi di come un sognante modo di comunicare serva più di un farmaco
poderoso e a prova del successivo danno indiretto, quando si ha a che fare con
quella persona che ti fissa negli occhi ben consapevole delle sue fragilità da
evidenziare, e quindi con l’invito ad allargarsi e a incidere setacciando il
piacere terreno, per sentire la voce di cos’abbiamo incamerato senza far rumore
per non considerarci estranei e calzare l’entusiasmo avanzando a piccoli passi,
fieri delle nostre radici per l’obiettivo da rinnovare con l’ingegno
degl’illusionisti che si tradiscono giocoforza per un po’, concentrandosi sulla
vetta da scalare in buona sostanza, senza freni.
Le paure si possono irrigidire nella neve delle affermazioni
singolari, ciò lo si può intuire affrontando difficoltà varie e indiscusse per
contemplare orizzonti e paesaggi sanciti da un lavoro d’immaginazione che si
rivela costante quando meno lo pensi; con l’enfasi giornaliera, quella che
caratterizza la solidarietà quando il tempo non influisce perché fermi a
meditare sul dolore che si prova per un legame che si allenta.
Chissà se occorre vivere al massimo o accontentarsi di
respirare, nella ristrettezza comunque da illuminare assolutamente col quesito
che ti aspetti ardentemente, ad alzare un vento fresco nella dissoluzione di un
abbraccio, in un cammino insignificante visto l’avvenire spiccante il volo.
L’inequivocabile giudizio affonda nella sovrumanità viziata
e volgare, che ti priva delle emozioni sul nascere, equamente.
Il sovrano non si riconosce nella sua parola, laddove
cominci alla grande un giorno nuovo, con l’intento di farsi compagnia
amorevolmente ritagliando proprio quell’istante, per una spontaneità pungente
come a sincerare sull’autunno insecchito sentendo la gente, la volontà di
relazionarsi a lungo.
Tutt’a un tratto precipitano i pesi di un’esistenza
dall’alto, d’adoperare realmente, e ammetti d’essere presente come una gemma
che si apre duramente, insolita, per impegnare il tempo che avanza,
trasmettendo obblighi in parallelo agli atti di fede, alla cieca; con la difficoltà ad auspicare una sorta
d’onestà evolutiva in privato, con la facilità di stare in pace riattivando
patemi d’animo… per il travolgimento che ti prefiggi ancora, derivando,
centellinando dai sacrifici, dalle emozioni che ricostituiscono la pelle, come
se si stesse per cadere per sempre al minimo spostamento.
L’inabilità sta nel
limite imposto da chi ti vuole affianco, così pensato da non riuscire ad andare
oltre; in una dimensione terrena da riprendere sognando con piacere, in una
fuga perenne.
“… come il corridore senza traguardo.”.
Nel frattempo la desolazione sembra sobbarcarsi l’aspetto lunare
non pronunciato, ciò che non si riesce a ottenere dipende dalla forza
dell’individuo che sta perdendo la speranza, il mordente per un trasporto senza
tempo, lineare; e l’aria stempera superficialmente il desiderio di libertà
all’intensificato calar del sole.
Destinazioni
fantastiche danno l’idea di pazientare appieno nel cielo variabile, a un
segnale di resa sociale, intimata tra gli appuntamenti da fissare, nei quali
magari devi essere trafitto senza cognizione di causa, sentimentalmente; per
ribadire della sensibilità forse e purtroppo insuperabile, con l’immediatezza
di una pulsazione cardiaca, finita la pausa data all’anima flebile, addirittura
ermeticamente, per svoltare nuovamente.
Il potere di selezionare le debolezze appartiene eccome al
genere umano, a una condizione che si ricompone per spigolature d’avvertire,
evitando di svanire per la convenevolezza che si esaurisce prontamente, bensì
svolgendo un lavoro apparentemente inqualificabile, come quello di avventurarsi
nella solitudine recuperando l’amore in disuso e fare finalmente luce; per
fermare e consigliare su quel che c’è ancora da donare, di meglio.
“Amare è un miracoloso gioco di squadra…”.
Vincenzo Calò
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