Parte II: La Regina di Spade
7.
Amedeo
scese dall’autobus, davanti alla serranda di quel bar che Nilde gli aveva
indicato al telefono. Attraversò la strada e si trovò davanti al cancello della
villetta. Accanto al campanello, era scritto, per l’appunto: “I. Serra”. Suonò.
Al citofono, avvertì, con gioia,
quella voce familiare: «Chi è?»
«Nilde,
sono io… Amedeo…»
La
serratura del cancello scattò.
Poco
dopo, fu la ragazza a corrergli incontro lungo il vialetto del giardino, nel
suo aderente abito nero e con gli stivaletti lucidi. Gli gettò le braccia al
collo e si fece stringere a lungo.
«Hai visto?» la punzecchiò lui,
teneramente. «La tua maestra non è poi un mostro… Certo, eravamo abituati a
vederci tutte le sere… ora, dovremo contentarci di una sola a settimana… ma non
è niente di disumano» completò, baciandola sul collo.
Nilde gli rispose con una smorfietta
che – in un’altra persona – avrebbe potuto passare per civettuola: «Sia come
sia, mi rendo conto d’aver atteso troppo a lungo». Posò le labbra su quelle di
Amedeo, scottandole.
«Come
va con la spada?» fece poi il ragazzo, premuroso.
Lei
inspirò a fondo, prima di rispondere. «Insomma… a dir la verità… per ora, non
c’è niente che debba andare. Non abbiamo ancora toccato la katana».
L’altro
si accigliò: «Come? Non sei qui per imparare a usarla?»
«Appunto…
Dev’esserci una strategia pedagogica dietro
tutto questo, solo che… non riesco a coglierla». Un’altra smorfia, stavolta di
sarcasmo. «Per ora, quello che ho imparato è pelare patate e regolare il ferro
da stiro».
«Non
ci sputerei sopra, in ogni caso» commentò Amedeo, strizzandole l’occhio. «Mi
stavo già preparando a dover sbrigare cucina e lavanderia da solo… a casa nostra». Strinse a sé la ragazza,
mentre Nilde cercava di nascondere il rossore repentino che le bruciava le
guance.
«Sei sicura che non sia uno scherzo
di tuo zio?»
Lei
arricciò le labbra: «Non è il suo genere di umorismo».
«Comunque,
con la tua maestra, come ti trovi?»
Nilde ebbe bisogno di raccogliersi
un poco, prima di rispondere. «Beh… è cortesissima, ma non me ne lascia passare
una».
«È
una donna degna di te, allora» le disse Amedeo di rimando, ammiccante. «Chissà
che non ti renda un po’ meno misogina…»
La
fidanzata ribatté con una linguaccia. «Ci sarebbe stata anche la mia maestra di
karate, se ti ricordi…» lo punse.
«Va
bene… Adesso, però, andiamo a fare un giro?»
[Continua]
Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (16 giugno 2016).
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