La prima raccolta di Andrea Gobbato è dedicata sia ad amici che nemici: “a chi, insomma, fa in modo che la mia
vita non sia schifosamente vuota” (frontespizio). La vita, intesa come quotidianità concreta, trabocca dai suoi
racconti, fra discoteche, automobili, strade, letti. Proprio questi sono i
luoghi Dove allignano le cose oscure.
Il titolo
della raccolta è tratto da Carrie (1974),
il primo romanzo di Stephen King. Questo autore è indicato da Gobbato fra le
fonti della sua passione letteraria. Non ci sono dubbi sul DNA della sua musa,
del resto. È sicuramente la stessa che ha partorito l’Overlook Hotel e il
sovrannaturale Shining, consacrati
dal genio di Stanley Kubrick.
Gobbato,
anche nella testata del proprio blog, sottolinea la propria esperienza come giornalista.
Precisa d’aver collaborato, durante gli studi a Pavia, con il mensile
studentesco Inchiostro. Infatti,
la sua prosa ha un che di giornalistico: periodi brevi, attenzione ai dettagli
materiali, lessico immediato e, a tratti, colloquiale. Sono elencati le birre,
i Moijti, le sigarette in cui i giovani protagonisti sfilacciano i prologhi
delle proprie tragedie. C’è qualcosa di cinematografico, anche. Ricorda la
classe di Uma Thurman la misteriosa apparizione che seduce Dennis (pagg.
72-73).
La narrazione cammina in bilico tra horror e leggenda metropolitana; dà
l’illusione d’essere non fiction, ma reportage
dell’incubo. A volte, la parentela con la cronaca recente non è neppure
troppo velata (Odori; Le mani di Chuck).
La penna (o la telecamera?) scende nelle vite dei personaggi: nelle case, nelle
lenzuola, negli armadi. Indugia senza metafore sulla fisiologia. Fino a
penetrare dentro “i recessi più bui del nostro cuore, i pozzi neri dove
creature senza nome strisciano, in agguato” (pag. 9). Gobbato indaga le forme
dell’oscurità. È ritorno di paure
rimosse per Beatrice, diciassettenne che vive la prima notte di solitudine
domestica (Cane mangia cane). È
compiacente verso le trasgressioni di Dennis, sedotto fatalmente da un Rossetto viola. Si fa complice
dell’amore, ma anche del delitto che gli striscia alle spalle (L’Uncino). La sua opacità permette ai
segreti dell’animo di brillare sul suo sfondo, finché l’uomo non si vede intero (Ancora una). Rende tutto possibile e
reale, anche un demonio che insidia il pianerottolo (C’è qualcuno alla porta) o lo sconfinamento oltre barriere eterne (Tornerò). Gobbato avvicina, poi, la più
esotica mitologia mesopotamica alla vita d’una comune famiglia (L’armadio di Nancy). Anche l’uomo e gli
altri animali finiscono per scambiarsi il posto, nella comune condizione di
prede (Il cacciatore). Ma le prede
umane sono più sfortunate, perché vittime di sadismo gratuito (Cuore Nero; L’Uncino) o dei propri
stessi preconcetti difensivi (Lo
sconosciuto). Nessuna creatura, oltre all’uomo, può affermare: “Quello che
ho fatto l’ho fatto perché è la mia natura. Perché sono cattivo dentro” (pag.
48). Dal virus del Male nessuno è immune. Questo è anche il tormento della
criminologa Julia Kendall, protagonista della serie a fumetti ideata da
Giancarlo Berardi per l’editore Sergio Bonelli. Perché combattere il Male
significa incontrare Gli occhi
dell’abisso (Julia, n°1). E
Gobbato, come Julia, sa che, se guarderai
a lungo nell’abisso, anche l’abisso vorrà guardare in te (Edgar Allan Poe) 1.
Andrea Gobbato, Dove allignano le cose oscure, 2012.
Scaricabile gratuitamente da qui.
1 La
citazione concludeva Julia, n°1 - Gli
occhi dell’abisso e apre la raccolta di A. Gobbato.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.