"Tante ore in fila e poi travolto dalla folla".
Stando all’obiettiva scrittura
giornalistica, sarebbe successo al fratello ventunenne di un mio amico. Si
sarebbe messo in fila davanti ad un negozio di elettronica, per approfittare di
un supersconto sul nuovo modello di I-Phone. Impresa conclusasi con un epic fail, causa imperizia
nell’organizzazione. Intervistata la madre, che, nella versione a colonne,
dipinge una scena da disaster movie: <<Mio figlio è stato schiacciato fra la transenna e il
cordone dei carabinieri che arginava la folla, mentre la fidanzata stava per
essere travolta. Altre persone, ha detto mio figlio, rischiavano di rimanere
schiacciate.>> Stephen King prendeva appunti, mentre Michael Bay
si inchinava ad una creazione che aveva superato il suo Armageddon. Un po’ meno ero estasiata io: perché, se i fatti (mi dicevo) erano quelli
relazionati, c’era ben poco di che entusiasmarsi. Prontamente, ho scritto al
mio amico e ad una sorella. Mi ha risposto lei, assicurandomi che l’eroe della
situazione stava bene e si era molto goduto la lettura delle proprie sventure.
La madre intervistata, nel frattempo, aveva scoperto che si era volatilizzato
uno dei quattro (non tre) figli: per la precisione, il mio famoso amico, tanto
esistente da studiare con me a Pavia. Bisogna stare attenti, quando si usa
l’inchiostro: è più potente del bibbidi-bobbidi-bu.
Prole diminuita a parte, l’ending della storia è abbastanza happy: non si è realmente fatto male nessuno, come in uno di quei dramminimi di cui dicevo. Poco conta il fatto che nessuno avrebbe riconosciuto parole e
carattere di mamma Simonetta, se non fosse stato per il nome. L’intenzione era
quella di denunciare un episodio di disagio e disorganizzazione: cosa che è
stata senza dubbio fatta. Merita un bicchierino ristoratore l’autrice del
pezzo: si è impegnata a fondo per dare importanza ai fatti. Chi negherebbe che vi sia riuscita?
Del resto, penne assai peggiori scorrazzano su ben altre
testate, trattando argomenti più delicati, senza che nessuno se ne scandalizzi.
Ciò che conta sono i fatti. Che siano
quelli avvenuti o quelli semplicemente scritti non è poi così importante
(giusto?). Io, da parte mia, mi attengo al mio sempiterno principio: tra il fare e il dire, c’è di mezzo il
ricostruire. E ricostruire è assai più arduo (sigh!) che attraversare il
mare.
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