Il 12 novembre 2011 si è tenuto il seminario di studi
organizzato dalla redazione di Scout –
Proposta educativa, dal titolo: Omosessualità:
nodi da sciogliere nelle comunità capi. Un argomento quanto mai doveroso da
trattare, date le controversie in merito in ambiente cattolico. Infatti, il
seminario verteva sul ruolo del capo scout nell’Agesci (Associazione Guide E Scout Cattolici Italiani). Gli atti sono stati pubblicati in questi giorni.
Sono intervenuti: padre Francesco
Compagnoni, professore di Teologia morale presso l’Università S. Tommaso di
Roma; il dr. Dario Contardo Seghi, psicologo e psicoterapeuta,
a
orientamento analitico, intersoggettivo/costruttivista; la prof.ssa Manuela
Tomisich, psicologa-psicoterapeuta e formatrice, nonché mediatrice familiare
e comunitaria. Si sono riuniti anche gruppi di lavoro, che hanno presentato le
proprie relazioni finali. 47 pagine di atti, in tutto. Non solo di
omosessualità si è discusso, ma anche di rapporti interpersonali, peso sociale
delle proprie scelte etiche, famiglia, gender,
educazione, infanzia. Molta carne al fuoco, che tocca –in vari modi- la vita
dei ragazzi in età evolutiva. Il giornalismo
all’italiana riassume tutto questo nel proprio modo proverbiale. In
particolare, per Repubblica l’occasione è imperdibile. Due articoli di fuoco (il precedente e questo
) con la medesima firma: per inciso, la stessa che ha confuso
madornalmente la goliardia con il bullismo e che ha suggerito motivazioni omofobe inesistenti per i riti collegiali riservati alle matricole. Infatti, giusto per ricapitolare, molti saranno delusi nell’apprendere che
il celeberrimo “Mattia” (di cui frequento assiduamente l’ambiente) è uscito quasi subito dal cosiddetto
“kulo” e che molti suoi compagni sono
gay: perché mai, dunque, avrebbero dovuto “punirlo”? Tant’è che è in ottima
salute, sebbene la sua identità sia un segreto di Pulcinella, fra i collegiali. Resta il fatto che qualcuno si è permesso di essere indelicato nei suoi confronti e indifferente alle sue difficoltà di integrazione. Ciò è ingiustificabile. Ma non v'è neppure stata quella persecuzione ad oltranza che l'articolo lascia intendere attraverso la propria terminologia. Né esiste, in quell'ambiente, l'omofobia generalizzata che il pezzo suppone. Le "defezioni" di cui si parla non sono servite a mutare il modus vivendi semplicemente perché in forte minoranza. In altre parole, anziché trattare la questione della vita collegiale con i suoi pro e contro, sono state poste questioni che con essa non c'entrano. Circa i riti matricolari, ognuno ha diritto ad avere la propria opinione, anche negativa. Però, essa andrebbe formulata tenendo conto del contesto: ossia, della necessità di amalgamare i nuovi arrivati attraverso prove serie e/o facete da superare insieme. Se c'è da ridire o da modificare qualcosa che non funziona, ben venga. Ma, in questo ambito come in qualunque altro, le opinioni sono opinioni e chi le presenta dovrebbe avere il buon gusto di formularle come propria posizione, non come "fatto oggettivo" in terza persona.
Per tornare al presente: una
giornata di lavori ed una molteplicità di voci vengono ridotte a una paginetta
scarsa, che è poco più d’un collage di
luoghi comuni: “Capi scout omosessuali che non
dovrebbero dichiarare il loro orientamento sessuale, per evitare di ‘turbare e
condizionare i giovani’; giovani omosessuali che, a loro volta, dovrebbero
essere mandati da uno psicologo, visto che si ritiene possibile educare i
ragazzi e le ragazze all'eterosessualità.” Sarà vero che ogni interpretazione
ricava un significato diverso da un testo; ma –come ricorda il prof. Nuccio
Ordine- è illegittimo far dire a un
testo ciò che esso non contiene. Gli atti non parlano di “educare
all’eterosessualità”, bensì di educazione
alla sessualità, intesa come un
complesso di relazioni:
Educazione alla sessualità
L'educazione sessuale: un progetto generale di sviluppo della personalità nella sua globalità e potenzialità.
In particolare essa può essere intesa come un progetto di sviluppo delle capacità di ciascuno di vivere la propria sessualità all'interno del percorso di sviluppo globale della persona. (G. Del Re, G. Bazzo 1995).
(pag. 21)
Ciò
che si raccomanda ai capi scout non è di fare o meno coming out, ma di domandarsi se il proprio atteggiamento sia quello
di “fratello maggiore” o di “protagonista”:
ossia, prima di parlare/agire, si chiedono quale messaggio passerebbero ai
ragazzi, quali ne sarebbero le conseguenze? Tutto ciò a prescindere dalle
questioni di orientamento sessuale. (pag. 39) Il coming out viene toccato come un possibile
modo di raccontare se stessi, che rischia di non essere trattato/percepito con
la dovuta delicatezza. Diventa problematico solo se effettuato da un capo “affetto da protagonismo”. Non lo è in
sé e per sé.
Il “paragone tra
le adozioni dei bambini da parte dei gay e la tortura”, in realtà, sarebbe questo: “ …in Inghilterra una
legge del governo ha di fatto ottenuto di chiudere tutti i consultori cattolici
che si occupavano di adozione di bambini <da parte di coppie> senza figli perché questi consultori
si rifiutavano di dare bambini in adozione a coppie omosessuali. Questa non è
soltanto una legge qualsiasi, ma la prova che il legislatore inglese ritiene la
coppia omosessuale portatrice di diritti umani al pari della coppia eterosessuale.
La tesi sottesa in questa affermazione è che l’avere dei figli sia un diritto
umano per ogni persona e, se è un diritto umano, neanche una comunità religiosa
può sollevare alcuna obiezione. Sarebbe come se un gruppo religioso ammettesse
la tortura come pratica lecita: la società civile non può ritenere ammissibile
la negazione di un diritto fondamentale (in questo caso all’integrità fisica
contro la pratica della tortura) in nome della religione.” (pag. 6). Ossia,
padre Compagnoni sta esplicando la logica intrinseca in questa legge inglese.
Dove sarebbe l’omofobia?
Forse, è “omofobo” il fatto che
l’ecclesiastico riferisca il pensiero di Antico Testamento e Catechismo sul
tema. Confrontarsi con la tradizione,
però, è obbligatorio ai fini dell’onestà intellettuale: un’associazione
cattolica non può trattare una questione prescindendo dalla storia del pensiero
religioso. Il che non significa che
la “tradizione” debba essere ripresa in modo pedissequo e ribadita in modo fine
a se stesso. Neppure Compagnoni lo consiglia.
Che la sessualità sia un fatto
contemporaneamente corporeo, cerebrale e
ormonale non dovrebbe suscitare scandalo. Questo vale per tutti,
indipendentemente dall’orientamento affettivo. Né si comprende perché questo
debba equivalere a dire che “l’omosessualità è una malattia”. Organi, cervello
e ormoni non interagiscono, forse, nelle persone sane?
Infine: l’esempio educativo è un problema. Non un guaio. La parola “problema”, negli atti del seminario, vale per il
proprio significato etimologico: πρόβλημα, “ciò che viene proposto, messo
innanzi.” (1) Sarebbe il caso di recuperare lo spessore della lingua
italiana, soprattutto quando si trattano tematiche sensibili.
Riguardo
alla consultazione di genitori e psicologi circa gli impulsi omosessuali di un
adolescente, quali sono le motivazioni addotte da padre Compagnoni? “Nella
pratica quindi la valutazione del contesto va tenuta molto presente per non
fare come l’elefante nel negozio di cristalleria. Un esempio dove gli oggetti
di cristallo stanno a significare la vita interiore delle molte persone
implicate nella circostanza. L’adolescente stesso non sa quale sia la sua
direzione.” (pag. 11). Ciò che conta: che i ragazzi facciano chiarezza dentro
se stessi, dentro i propri sentimenti, in un’età in cui la confusione è
inevitabile.
Per
quanto concerne il pensiero del dott. Contardo Seghi, ne riportiamo più ampi
stralci, che possono indurre a chiarirne i contenuti: “La nostra personalità è una costruzione
continua e può prendere una sfumatura o un’altra. Inoltre ci sono tutta una serie
di elementi per cui vedremo come la sessualità sia una dimensione molto
plastica e ciò ci interpella particolarmente come educatori. Sapete quanti
ragazzi ho visto in trenta anni che erano convinti di essere omosessuali per
esempio, ma
non lo erano? Oggi sembra che basti avere un desiderio omosessuale per
considerarsi omosessuali.” (pag. 26); “Il maschile e il femminile, oggi sono
messi un po’ in discussione, quasi che non ci sia più una dimensione biologica
maschile o femminile. È chiaro che ognuno porta dentro di sé elementi di
bisessualità. Tutti abbiamo tratti maschili e femminili, però questo non significa
che dentro noi tutto sia confuso e mescolato. Oggi il problema è proprio quello
della confusione che i ragazzi vivono, hanno tante paure per cui non scelgono,
si ritirano e temono la diversità. La paura della diversità indica una identità
fragile. Ciò deriva dal fatto che per crescere e costruirci un’identità abbiamo
bisogno di avere modelli. A partire dagli anni ’70 gli psicologi americani
hanno diffuso l’idea che se noi non trasferiamo valori ai bambini essi
diventeranno degli adulti liberi. Questo assunto ha prodotto disastri
educativi: se su quella lavagna non scrivono i genitori e non vengono
trasferiti modelli sicuri e chiari di testimonianza, non di parole, allora c’è
la confusione, perché su quella lavagna scrivono tutti. Quindi il bambino
diventa insicuro, incapace di fare scelte perché timoroso di tutto, con il
problema di una costante ricerca di modelli che lo porta a identificarsi con
chiunque e con qualsiasi cosa. Educare significa scegliere e proporre. Quanti giovani
educati a certi valori poi hanno potuto cambiarli? Ma quei valori sono serviti
nel momento in cui dovevano strutturare la
loro personalità. […] È un dato di fatto che noi siamo la nostra storia.
Quindi il metodo di costruzione della personalità è fondamentale. Oggi non
siamo ciò che siamo stati
ieri, e domani non saremo quello che siamo stati oggi. Non c’è nulla di quello
che facciamo oggi
che non abbia le radici in quello che è la nostra storia. Noi ci costruiamo
ogni giorno e lo facciamo
mediante la relazione. È la relazione che ci costruisce, siamo esseri sociali e
questa relazione
ci condiziona moltissimo almeno nei primi dieci anni.” (pag. 27).
Le “conclusioni oscurantiste” del
documento sono: “È inoltre emersa con forza l’importanza di un adeguato
approfondimento delle problematiche legate all’omosessualità sui testi della
riflessione teologica ed etica della Chiesa per non cadere nella banalità e
nella superficialità di posizioni basate sul ‘si dice’ e su conoscenze
frammentarie e parziali. […] Importante per addentrarci nel tema, è sgomberare il
campo da equivoci fra i concetti di identità sessuale
(essere e sentirsi maschi o femmine) e l’orientamento sessuale (essere attirati
sessualmente da
persone dello stesso o dell’altro sesso), tenendo conto che ormai
l’omosessualità non è
più considerata una malattia, ma implica comunque delle difficoltà personali e
sociali. I ragazzi e le ragazze, nella loro crescita devono costruirsi una
identità propria e per portare a termine
con successo questo processo devono avere accanto adulti equilibrati e
‘generativi’, ossia
in grado di ‘prendersi cura’ di loro con responsabilità. Si impara infatti a
diventare maschi e femmine mediante la relazione con modelli maschili e
femminili. Inoltre è doveroso porre la questione
di come i modelli di riferimento genitoriale ed educativo incidano sulla
formazione dell’identità
sessuale e sull’orientamento sessuale. Anche i capi scout sono per il ragazzo e
la ragazza modelli di adulto. Le identità maschile e femminile non sono
circoscrivi<bi>li in modo rigido in un
ruolo, in un atteggiamenti o modalità espressiva. Hanno una loro plasticità di
cui si deve tenere conto,
senza per questo accettare l’unisessualità della ideologia gender che
sicuramente non rispecchia i valori che per l’Agesci si incarnano nell’uomo e
la donna della Partenza. Intenso è stato il lavoro dei gruppi nel pomeriggio. Da
essi sono emerse numerose piste di un futuro lavoro per l’Associazione. La
giornata si è conclusa con questa prospettiva e con la certezza di aver
intrapreso un ‘cammino di esplorazione’ educativamente importante.” (pag. 47).
Andare
direttamente alla fonte, dunque, per evitare parzialità e deformazioni. Una
regola che dovrebbe essere universale, ma che viene “dimenticata”, in favore
dello slogan e della semplificazione. Bisognerebbe dimenticare, invece, i cliché, le facili spiegazioni. Solo in
questo modo, i dibattiti su affettività, educazione, morale (e non solo)
potranno trovare sbocchi. Ci auguriamo, per il momento, che la comunità gay
abbia ricevuto risposte alle proprie perplessità. Per il futuro, auspichiamo
che il giornalismo italiano prenda la direzione dell’approfondimento e dell’onestà
intellettuale, perché le colonne d’inchiostro cessino di essere un coacervo di
provocazioni e banalizzazioni. Chiunque voglia protestare per la durezza di
questo post si soffermi, prima, a confrontare l’operazione di travisamento ed
omissione cui gli atti del seminario sono andati incontro. Non c’è nulla di nascosto che non debba essere svelato.
(1) Cfr. Nicola Zingarelli, “Problema”, in: Vocabolario della lingua italiana, Bologna,
1994, Zanichelli, 12^ edizione.
Bravissima, bravissima.
RispondiEliminadavvero ottima
RispondiEliminaNon bastano gli "iffone", gli "padd", i "Kinder" e quanto altro ... se non si ha voglia di leggere nessun "app" ti liberera' dal dovere morale di farlo, prima di emettere un giudizio.
RispondiEliminaGrazie
Pifo
Caro Pifo, io ho letto per intero tutti i testi che ho citato, non preoccuparti. Ho visto anche le battute insipide che qualcuno si è permesso di fare a proposito di sessualità. Francamente, avrebbero potuto risparmiarsele. Però, un conto è riconoscere che qualcuno si è comportato in modo indelicato verso un compagno, un altro è ingigantire questo comportamento fino a farne l'essenza della vita collegiale. C'è un'enorme differenza. Le situazioni complesse come la convivenza di decine di ragazzi andrebbero altrimenti lumeggiate, dando spazio ai diversi loro aspetti. Sarà vero che gli "Iffone", i "Padd" e i "Kinder" non bastano, ma perché farli scomparire del tutto?
EliminaCiao Erica,
RispondiEliminami sono imbattuto nel tuo commento allo "strano caso dell'AGESCI omofoba" proprio perché' in cerca di qualcuno che condividesse con me la frustrazione per un testo, un evento, una circostanza, un incontro che era stato totalmente frainteso grazie ad una lettura molto approssimativa, salvo poi costruire, su questo grossolano fraintendimento, un caso giornalistico che aveva ispirato un certo numero di interventi politici.
Mi andavo chiedendo ieri, seguendo questa polemica, se la "accessibilità'" del nuovo mezzo tecnologico, l'alta riproducibilità' e disponibilità' tecnica dei contenuti, non stia in qualche modo determinando anche un logoramento di certe professioni intellettuali come quella del giornalista.
In soldoni ... se il professionista di Repubblica si fosse dovuto recare personalmente presso la sede di Proposta Educativa, parlare con qualcuno, intervistarlo, fotocopiarsi e leggersi gli atti del convegno, ne sarebbe egualmente scaturito quel "capolavoro di approssimazione" del quale tu giustamente parli?
Ecco quindi il senso del mio commento.
Non voglio demonizzare lo strumento tecnologico in se, sarebbe veramente ipocrita dal momento che sto qui a scrivere, ma a me sembra palese che tanti protagonisti della rete, accomunati stranamente da manifestazioni dell' "io" abbastanza sviluppate, tendano ormai a sostituire l'accessibilità' delle informazioni con l'obbligo culturale di comprenderle, elaborarle e comunicarle nella loro corretta dimensione, che e' quella della realtà' umana che le esprime, non quella virtuale del mondo al quale le destiniamo in forma di "link".
Certi contenuti rimangono difficili da metabolizzare, nonostante il loro formato pdf. Un articolo di "Journal of Applied Physics", per intenderci, rimane "indigeribile" ai più' nonostante la sua "cliccabilita'" e nonostante la possibilita' di verificare immediatamente su Wikipedia i singoli concetti e la terminologia usata.
Forse, la storia di Repubblica, ci insegna che la stessa cosa la si puo' dire di un convegno organizzato da una rivista di una associazione cattolica.
Si va affermando sulla stampa on-line la figura di un giornalista "compilativo", lo "spiegone", quello che leggendo un po' qua e un po' la, magari discretamente talentuoso nelle lingue anglo-sassoni, crede di poter raccontare tutte le sfumature delle cose senza rinunciare pero' a dosi più' o meno minime di creatività' quando serve far quadrare i conti (soprattutto quelli ideologici). Sembra che l'autorevolezza di questi "spiegoni" non sia proporzionale alla caratura e alla veridicità' di quanto scrivano ma piuttosto alla loro capacita' di formattare compiacimento per categorie estese di lettori, di rimanere on-line, di essere connessi, di praticare costantemente e con ubiquità' il web, di ridurre la pluridimensionalità' di tante manifestazioni umane e la loro interpretabilità' ad un formato linguistico, ad un particolare stile retorico adatto alla rete o a quella parte di essa con la quale ci si identifica.
Da questo punto di vista gli Iffone, gli Padd e i Kinder sono strumenti ... infernali!
Con simpatia e stima
Pifo
Pensa... quando parlavi di questi strumenti, ho pensato ti riferissi ai soprannomi di persone che conosco. Ecco il senso del mio scorso commento. Quello che dici sul web è sacrosanto. Quando scrivo per "Inchiostro", amo metodi "all'antica" come l'incontro faccia a faccia con le persone di cui parlo. Ricorro volentieri anche al web, ma solo se non c'è soluzione più fattibile (una volta, ho intervistato uno scrittore che vive fra Roma e Pescara... vedersi al bar sotto casa era abbastanza fuori discussione). Non aggiungo altro al tuo commento ricco e articolato, che ho davvero apprezzato. Ricambio la simpatia e la stima. :)
EliminaScrivo per far notare che, se i fatti sono quelli nell'articolo linkato, goliardia e bullismo coincidono perfettamente e non sono stati affatto confusi. Anche se è "per ridere" la sopraffazione rimane bullismo.
RispondiEliminaNei passaggi riportati si parla della grande delicatezza che riveste il tema della sessualità negli anni della crescita. Ho delle domande: ad un adolescente bisogna dire che una vita omosessuale attiva è un peccato oppure no? Il matrimonio omosessuale è accettabile oppure no? E la domanda fondamentale rimane: un educatore cattolico può essere omosessuale dichiarato o no? In Agesci quali risposte dovrebbero venir date agli scout?
Ribadisco che le mie non sono domande retoriche.
u
Per quanto riguarda i "fatti", quando un pezzo parte fin dall'inizio con un piede aggressivo, diventa davvero difficile distinguere cosa sia "fatto" e cosa sia "ricamo". Resta un punto fermo: i riti matricolari sono ripetitivi ed uguali per tutti, indipendentemente dalla sessualità degli "iniziandi". Che a qualcuno, poi, salti in mente di sdoganare sotto l'etichetta di "goliardia" battute e scherzi antipatici di propria iniziativa, è un'altra questione e non andrebbe confusa con la normalità della vita di collegio. Ribadisco, tuttavia, che il modo in cui la cosa è stata trattata mi lascia tuttora perplessa. Soprattutto, per la sua voluta mancanza di equilibrio.
EliminaParlando dell'omosessualità in rapporto alla religione cattolica, attualmente, la dottrina ufficiale è in fase di stallo. Ossia: non si possono rinnegare secoli di teologia morale, ma è vero anche che la teologia morale tradizionale non soddisfa più, a livello pastorale. Molti credenti praticanti sono gay (penso anche ad alcune mie conoscenze...)e si pongono le tue stesse, fondamentali, domande. Il problema si ripropone, naturalmente, nell'AGESCI. La quale riconosce prontamente di essere ancora all'inizio del cammino verso una risposta. Parte, però, dal ribadire che l'omosessualità non è una malattia e che l'educatore gay ha, spesso, preziose doti di sensibilità, senso artistico, delicatezza nelle relazioni personali (vedi pag. 10). Ciò che conta, in primis, è che sia maturo nella fede (cfr. pag. 7). Ciò che potrebbe essere preoccupante, poi, non sarebbe un suo eventuale "coming out", ma il MODO in cui verrebbe effettuato. Ossia: parlare della propra sessualità (etero o gay che sia)non deve essere un modo per esibirsi ed imporre la propria personalità sui ragazzi. Questi sono i punti che contano. Per quanto riguarda il matrimonio gay e la liceità della vita omosessuale attiva, sono veramente temi che (a livello teorico) non possono essere liquidati né da un convegno, né da un post. Resta, per il momento, una risposta di fatto: quella dei ragazzi, cristiani appassionati, che vivono la propria omosessualità serenamente ed alla luce del sole.
Molte grazie della risposta.
RispondiEliminaLa questione del collegio mi interessa, ma è in effetti estranea dalle ragioni per cui sono approdato qui, quindi aggiungo soltanto una cosa, riprendendo la frase "riti matricolari sono ripetitivi ed uguali per tutti": secondo me sono una barbarie, in linea di massima (non ho mai sopportato neanche la goliardia, neanche quando non è bullistica...).
Per l'omosessualità, leggo che il percorso all'inizio. Ma chi lo deve condurre? E quali margini ci sono per delle scelte e dei giudizi autonomi, individualmente elaborati?
Un'ultima osservazione: "l'educatore gay ha, spesso, preziose doti di sensibilità, senso artistico, delicatezza nelle relazioni personali". Secondo me è anche questa una semplificazione ed una generalizzazione.
U
Chi deve condurre il percorso? Non è detto che debba essere "condotto" (dall'alto). Nei periodi di mutamento culturale, non ci sono autorità preconfezionate che tengano. Se mi permetti un pronostico, il futuro rapporto fra omosessualità e cattolicesimo sarà il frutto di molteplici spinte dal basso, non escludendo la spinta del bisogno di giudizio autonomo. Anche chi rispetta il magistero della Chiesa ha necessità d'interrogarsi personalmente, se è un individuo colto ed intelligente.
EliminaQuanto alle suddette doti dell'educatore gay, è chiaro che si tratta d'un'osservazione in linea di massima, assolutamente non totalizzante. Del resto, affermazioni valide universalmente non esistono in alcun campo. Per quanto riguarda le persone del mio entourage, l'osservazione di cui dicevi è sostanzialmente vera. ;-)
Quanto alla goliardia, si entra nel terreno del "de gustibus non disputandum est". Non ti senti compatibile con questo tipo di usanze ed hai tutto il diritto di mantenere la tua opinione. Per quanto riguarda la mia, io mi sono messa molto in gioco da matricola e ho bei ricordi di quel periodo. Fare l'"anziana kulista" non è altrettanto interessante. Ma, se non altro, mi spinge ad osservare i comportamenti delle nuove arrivate, a sondare meglio le loro reazioni ed anche a sentirmi più responsabile della loro integrazione. Che ci sia qualcuna, ogni tanto, che non vuole condividere queste usanze è inevitabile... sfido chiunque ad ottenere il consenso universale. Ciò che importa è che ci si possa anche ritirare dal gioco, in caso di incompatibilità comprovata. Una lezione che può valere anche nella vita di tutti i giorni, dove parimenti ci sono abitudini ed obiezioni a dette abitudini.
Ti ringrazio per la partecipazione e, almeno per il momento, mi congedo. Buona giornata! :-)