Da Inchiostro (Pavia), maggio 2012:
Due anni fa (01/02/2010), un decreto del Presidente della
Repubblica ha sancito la nascita dell’ANVUR: Agenzia Nazionale di
Valutazione dell’Università e della Ricerca. Suo compito, come noto, è
soppesare “la qualità dei processi, i risultati e i prodotti” (1) delle
attività accademiche. Si compone di un Presidente, un Consiglio direttivo e un
Collegio dei revisori dei conti. Il tutto fa capo al Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Egli decreta la costituzione
del Collegio e quella di un Comitato di selezione, che proporrà i possibili
membri del Consiglio. Quest’ultimo eleggerà il Presidente e nominerà il
Direttore.
La loro attività di valutazione, naturalmente, è finalizzata
all’allocazione dei finanziamenti statali, nonché all’eventuale apertura/fusione/soppressione
di sedi universitarie e corsi. Un’agenzia pagata dal Ministero dell’istruzione
per risparmiare sulla pubblica istruzione.
Modello dell’ANVUR è il britannico REF: Research Excellence
Framework. Ne parla la Professoressa Federica Pedriali,
direttore del Dipartimento di Letteratura Italiana all’University of Edinburgh.
Si trova a Pavia per preparare, tra l'altro, la traduzione inglese del monologo
“L’ingegner Gadda va alla guerra” (F. Gifuni), con relativo apparato di
commento. Il quadro da lei dipinto non è roseo.
Il REF è nato all’inizio degli anni ’90, in clima ancora
thatcheriano. Il censimento cade ogni 5-7 anni; i tempi, in ogni caso, sono
dettati dal governo. È suddiviso in aree disciplinari/campi di valutazione, di
cui si occupano professionisti specialisti del campo. La loro nomina spetta a
“professional associations”, come la “Society for Italian Studies”. I membri
del REF mantengono rapporti di lavoro con gli atenei valutati, cosa che
non favorisce certamente la valutazione imparziale. L’ANVUR italiana, almeno,
non condivide quest’ultima pecca. (2) Contempla anche una maggiore
apertura al complesso del mondo accademico. Il Consiglio direttivo, infatti, è
affiancato da un comitato consultivo, composto da rappresentanti di accademici
e studenti. È comunque una rappresentanza ristretta: 12 membri in tutto,
per dar voce agli atenei italiani ed europei(3). Una “Candida Rosa”
dantesca, che osserva dall’alto l’università e la ricerca. Una consimile
gestione dei finanziamenti ha già prodotto, nel Regno Unito, campanilismo e
ristagno. Con buona pace dell’ “universitas”. I ricercatori, infatti,
evitano di collaborare coi colleghi degli altri atenei, perché rivali nel
merito premiato dai finanziamenti pubblici. Merito che non tien conto
dell’ordinaria amministrazione: il regesto delle attività svolte, necessario,
ma che sottrae tempo alla ricerca vera e propria. Le valutazioni del REF, poi,
sono pubblicate on line, nei siti dei vari atenei. Esse condizionano il
numero d’iscrizioni e le concessioni di fondi per progetti
particolari. Ulteriori danni economici, dunque. Né è possibile sapere dove un
dipartimento o un ateneo pecchi, visto che le valutazioni sono complessive, non
circa le singole attività. La ferrea rivalità fra atenei mantiene il sapere
sotto l’ala governativa. Non a caso, in Italia come nell’U.K., sono penalizzati
gli ambiti umanistici: quelli che approfondiscono la storia, la lingua e
il pensiero necessari a dialogare col potere politico. Mentre si plaude
ai 150 anni d’unità italiana, scompaiono i dipartimenti d’italianistica.
E tanti saluti a una lingua di cultura studiata a livelli mondiali.
Nella sua classifica delle riviste letterarie, l’ANVUR premia quelle
vastamente vendute (pregio condiviso dai rotocalchi). Nella fascia A, figura
“Nuova antologia”, dedita a tutto fuorché all’italianistica. In fascia C, cade
“Studi danteschi”, punto di riferimento per il settore. In fascia B, ecco
“Esperienze letterarie”, il cui Comitato direttivo annovera Cesare Segre. Non
parliamo delle riviste militanti e/o sperimentali: il pensiero libero, si sa,
deve essere gratuito. Meglio finanziare un sapere che non sconfina e non
innova. La conclusione –giacché ci britannizziamo- è: “God save us all!”
(1) Decreto del
Presidente della Repubblica, 1 febbraio 2010, n. 76, art. 3, c. 1 a).
(2) Ibid., art 8,
c. 5.
(3) Ibid,, art.
11.
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