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A prova di sangue

L’infermiera prepara l’ago per il prelievo. 
«Preferisce sedersi o sdraiarsi?»
La ragazza – quasi ventisei anni – sceglie lo sgabello.
Una settimana prima, si è presentata nella sede AVIS di quella piccola città e ha fatto domanda d’iscrizione. Perciò, ecco che si sottopone a tutti gli esami di rito, per verificare la bontà di quel sangue che tutte le zanzare locali hanno già degustato e apprezzato.
            «Data di nascita… ecco…»
Lei conferma, mentre l’infermiera rilegge le carte. «Hai più o meno l’età dei miei figli» constata quest’ultima, compiaciuta. «Hai fatto il liceo qui, vero? Magari, li conosci pure…»
Li nomina e l’aspirante donatrice li riconosce entrambi. Del resto, è difficile non riconoscersi fra coetanei, là dove lei vive.
            Finito il prelievo, è pronta l’impegnativa per l’elettrocardiogramma e la radiografia. L’infermiera dà le istruzioni per ritrovare i reparti. La ragazza, però, esita ad alzarsi dallo sgabello.
«Scusi…» esordisce poi. «A proposito di rapporti sessuali a rischio… Le risulta che quelli fra donne lo siano?»
L’infermiera fa un cenno di nonchalance: «Assolutamente no».
«Sa, perché…» si spiega la giovane «…sull’opuscolo dell’AVIS, è precisato che sono considerati “a rischio” i rapporti bisessuali».
«Quelli anali, più che altro» precisa l’altra, con la stessa disinvoltura professionale. «E quelli occasionali, soprattutto… anche quelli etero» sottolinea. La benedetta questione del “conoscere lo stato di salute del partner”, come sempre.
            La ragazza sospira di sollievo, dentro di sé. Era l’unico “rospo da sputare”, durante quella visita.
«Gliel’ho chiesto perché, una volta, ho letto un articolo su una signora a cui era stato impedito di donare sangue… perché conviveva con una donna» spiega all’infermiera. «Sarà stata visitata da un incompetente… o la notizia sarà stata una bufala…»

L’infermiera concorda, facendo spallucce: «Una bufala».

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