Parte I: Labirinti
4.
Primo
Flashback
Amedeo
guardava la sottile figura distesa sul catafalco. Era fasciata da un abito
bianco, con una scollatura rotonda appena accennata e maniche a sbuffo, come
per una bambina. I fiorenti capelli castani di lei erano stati raccolti in una
treccia, che cingeva il capo come un’aureola. Il volto delicato, sotto il velo
della morte, sembrava rinchiudere ancora un’espressione di risolutezza. Diciannove anni. Tre meno dei suoi.
Dietro gli occhiali scuri, gli sfuggì una lacrima. Soffocò tutte le altre.
Nella
camera mortuaria del Policlinico di Pavia, oltre a lui, solo un altro visitava
la salma. Era il dott. Matteo Sacchi, direttore di Anestesia e Rianimazione II.
Nella barba bruna screziata di bianco, la sua bocca era stretta da
un’espressione indecifrabile – di tensione, più che di tristezza.
Amedeo si avvicinò alla bara. Notò
un oggetto rosso, allungato, al fianco della defunta. Il fodero di una katana.
«Non si azzardi a toccarla!» lo apostrofò una
voce baritonale alle sue spalle. Il giovane trasalì e si voltò. Il dott. Sacchi
si era finalmente accorto della presenza di quel ragazzo alto, coi capelli
rossi e una fronte ampia. «Lasci stare la spada!» ripeté l’uomo. Amedeo si
scostò dal catafalco. «Mi scusi. Non era affatto mia intenzione rubarla… ci
mancherebbe». Non riuscì a evitare un sottofondo di rimprovero, verso
quell’uomo che insultava così il suo lutto. Davanti alla sua amica morta, di
certo non poteva pensare agli oggetti preziosi.
Il dott. Sacchi sembrò accorgersene.
«Mi scusi…» bofonchiò di rimando, con una confuso tono di pentimento. «La
katana è stata posta da me per espresso incarico dei familiari. Non Le nascondo
di essere nervoso. Di questa salma, praticamente tutto è stato affidato a me,
visto che conosco lo zio…» Poi, tacque. Ad Amedeo, sembrò di intuire
l’imbarazzo di chi aveva parlato troppo.
Guardò
l’orologio: erano le 17:20. Di lì a dieci minuti, la camera mortuaria sarebbe
stata chiusa alle visite. Si accostò di nuovo alla salma e posò un bacio
delicato su quella fronte inerte. «Addio, Nilde» mormorò.
[Continua]
Pubblicato su Uqbar Love, N°143 (9 luglio 2015), pp. 21-22.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.