“«In
tal modo, torniamo nuovamente alla distruzione dell’Anello», disse Erestor, «e
senza aver fatto alcun passo avanti. Quale forza abbiamo per trovare il Fuoco
ove esso fu forgiato? È la via della disperazione… della follia direi, se la
profonda saggezza di Elrond non me lo impedisse».
«Disperazione o follia?», disse
Gandalf. «Non è disperazione, perché la disperazione è solo per coloro che
vedono la fine senza dubbio possibile. Non è il nostro caso. È saggezza
riconoscere la necessità quando tutte le altre vie sono state soppesate, benché
possa sembrare follia a chi si appiglia a false speranze. Ebbene, che la follia
sia il nostro manto, un velo dinanzi agli occhi del Nemico! Egli è molto saggio
e soppesa ogni cosa con estrema accuratezza sulla bilancia della sua malvagità.
Ma l’unica misura che conosce è il desiderio, desiderio di potere, ed egli
giudica tutti i cuori alla stessa stregua. La sua mente non accetterebbe mai il
pensiero che qualcuno possa rifiutare il tanto bramato potere, o che,
possedendo l’Anello, voglia distruggerlo. Questa dev’esser dunque la nostra
mira, se vogliamo confondere i suoi calcoli».
«Almeno per qualche tempo», disse
Elrond. «È necessario che la strada sia percorsa, ma sarà molto difficile. Né
la forza né la saggezza ci condurrebbero lontano; questo è un cammino che i
deboli possono intraprendere con la medesima speranza dei forti. Eppure tale è
il corso degli eventi che muovono le ruote del mondo, che sono spesso le
piccole mani ad agire per necessità, mentre gli occhi dei grandi sono rivolti
altrove».”
Da:
J. R. R. Tolkien, Il Signore degli
Anelli, edizione italiana a cura di Quirino Principe, Milano 2003,
Bompiani, p. 352.
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