Per la prima volta a Manerbio, Sergio Rubini ha presentato
un monologo in occasione del centenario dell’entrata dell’Italia nella Grande
Guerra. Questa è stata una tappa della tournée dell’attore in area bresciana.
Il 9 gennaio 2015, nel Teatro Politeama, la sua voce ha fatto rivivere un
estratto dei diari di Giulio Douhet (Caserta, 30 maggio 1869 – Albano, 14
febbraio 1930). Lo spettacolo era intitolato Oltre la gloria. Gli
scritti in questione sono raccolti, insieme ad altri, sotto il titolo La 5^
divisione alpina sul fronte della Valcamonica.
Noto per la sua attenzione al
ruolo dell’aeronautica militare e al suo raffinamento tecnico, Douhet compare
qui come capo di stato maggiore. I brani letti da Rubini sono relativi a ciò
che avveniva sul Passo del Tonale, dopo che l’Italia era entrata in guerra
contro l’Austria. Con la forza polemica e l’acume che gli sarebbero costati un
anno di fortezza a Fenestrelle, Douhet denunciò a più riprese le negligenze,
l’impreparazione e l’eccesso di burocrazia che –a suo dire – causarono più
morti che non gli scontri armati in sé. “Per risparmiare munizioni, si gettano
via gli uomini” è il riassunto delle critiche accorate.
Douhet
dimostra molta perizia tecnica nel descrivere la gestione dell’esercito e ancor
più nel suggerire rimedi concreti alle inefficienze. Ma, al cuore di tutto
questo, si ritrova quella che egli chiama “la conoscenza dell’elemento uomo”. Oltre
la gloria e il profitto personale,
Douhet vede, sempre e comunque, esseri
umani. Questi esseri umani sono i soldati di cui l’autore “saggia il polso”,
per scoprire le cause della loro “febbre”. La voce di Rubini ha ridato vita
alle sue osservazioni sui caratteri, le parlate e gli umori di chi si trovava a
tu per tu con la morte. Il monologo, senza altro ausilio che quello degli
intermezzi musicali, ha dipinto la fiducia tradita dei soldati al fronte, la
negazione delle visite dei loro cari (riservata a rari privilegiati) e la
consapevolezza di morire per negligenza altrui. Douhet invita Cadorna a un
esame di coscienza e non ne condona uno a se stesso, ricordando di essere stato
un sostenitore dell’entrata in guerra. Non ha poi pietà per gli sciacalli, i
profittatori di guerra, la stampa superficiale e gli intellettuali
interventisti che, “fra sigarette e stravizi”, trovarono “naturale” farsi
difendere dai contadini.
Ancora al giorno
d’oggi, a una platea immersa nel buio, la pietà profonda di Douhet e la
voce efficace di Rubini hanno reso presente che “morire è una cosa assoluta”.
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