Notre-Dame de Montserrat (XII sec.) |
Sono
maestose, affascinanti. E, soprattutto, oscure. Quelle che Petra van Cronenburg
chiama Madonne nere (Roma 2004,
Edizioni Arkeios) sono soltanto quelle scolpite dal 1050 circa fino al XIII
secolo, ritrovabili in numerose località della Francia e lungo il cammino verso
Santiago de Compostela.
Petra van Cronenburg si è laureata
in teologia all’Università di Tubinga. Ha gestito per anni un’agenzia
giornalistica, interessandosi di medicina naturale e di metodi sperimentali di
diagnosi. In Polonia, ha collaborato a un film-documentario sulle donne del
posto. È autrice di un libro sul “mistero di Mont St. Odile”, ovvero sui legami
tra le leggende che circondano questo monastero alsaziano e i culti
precristiani. Si occupa di media e di progetti per il web. Tutte queste
esperienze si ritrovano nel suo volume sul culto delle Vergini scure.
Il
loro periodo di massima fioritura è collocato dalla van Cronenburg dal X fino
all’XI secolo, ma il maggior numero delle statue pervenute a noi è databile al
XII secolo. Un fenomeno dell’arte romanica e del primo gotico, dunque. Le altre
“Madonne nere” sarebbero imitazioni o dovute a colorazioni non originarie.
Sono “Vergini in maestà”,
rappresentate come potenti regine. Le loro mani palesemente sovradimensionate
le connoterebbero come figure in grado di trasmettere potere o di proteggere.
Il Bambino che reggono sulle ginocchia, in realtà, ha le fattezze di un uomo
adulto in miniatura. Sono coronate e riccamente ammantate. Oltre al nero, i
loro colori sono l’oro (come avviene per tutte le immagini collegate all’idea
di eternità), ma anche il rosso e il verde. La van Cronenburg connette il rosso
con l’amore divino e la regalità, ma anche con le bacche di agrifoglio, simili
al sangue mestruale e frutti della pianta sacra alla dea Hel (la divinità
nordica degli inferi). L’agrifoglio, il biancospino e il sambuco (tutti sacri a
dee precristiane) sono per l’appunto protagonisti delle leggende sulle
apparizioni di Madonne nere. Il verde è quello della terra fertile, dei
germogli, delle candele della Candelora –considerate apportatrici di salute. Il
3 febbraio, per l’appunto, è anche il giorno in cui diverse Madonne nere sono
festeggiate nel folklore. Abbinato al verde, il nero delle Vergini in trono può
dunque essere letto come il colore del sottosuolo, della morte da cui il seme
rinasce.
Queste immagini sono scolpite in
cedro, non intaccabile dai parassiti e, pertanto, segno di eternità e vita
ultraterrena fin dai tempi in cui esso accoglieva le mummie egizie. In cavità
ben nascoste nel loro corpo di legno, le Madonne nere hanno custodito a lungo
reliquie come i “capelli di Maria” o le “pietre di Iside”. Le loro sedi erano
nelle cripte, dove i pellegrini dovevano scendere affrontando le paure da
sempre collegate all’oscurità. Nelle chiese dove queste cripte si trovavano,
non era difficile rinvenire fonti d’acqua sotterranee (cui era spesso
attribuito il potere di resuscitare i neonati per il tempo necessario a
battezzarli). La van Cronenburg ricorre anche alla radioestesia e alla geobiologia,
per spiegare quali genere di “energie” incontrassero i pellegrini, incedendo in
una di tali chiese. L’autrice porta a esempio la cattedrale di Strasburgo, dove
un pilastro posto a nord (nei pressi dell’ingresso) rappresenta una Vouivre.
Drago femminile del pantheon gallico, avrebbe posseduto il “terzo occhio” della
saggezza e la sua raffigurazione avrebbe contrassegnato i luoghi d’incontro fra
il cielo e la terra, ovvero quelli in cui si trovavano acque sotterranee. (Ciò
non può non ricordare le donne-pesce di cui gli scultori fecero profusione sui
capitelli romanici). La van Cronenburg accosta gli accorgimenti medioevali
nella scelta dei siti delle chiese al noto Feng Shui. L’unione fra “le energie
del cielo e quelle della terra” che si verificherebbe nei punti contrassegnati
da Vouivre, ninfe e figure miste fra l’uomo e il pesce realizzerebbe l’ “eterno
androgino”, ovvero l’unità originaria di tutti gli inizi. Ciò spiegherebbe le
fattezze, per l’appunto, androgine che contrassegnano le Madonne nere.
Notre-Dame de Rocamadour (XII sec.) |
Il saggio non trascura neppure il
mondo pre-islamico, con la nota Pietra Nera venerata in quello che fu il luogo
di culto della dea Al’Lat. Anche qui, si rinviene una fonte, quella di Zemzem,
che sarebbe stata scoperta dalla biblica Agar: madre di Ismaele, figlio di
Abramo, e quindi progenitrice degli Arabi.
Il cammino spirituale possibile
nelle chiese e nelle cripte delle Madonne nere sarebbe poi stato ripercorso
dagli alchimisti, che avrebbero cercato di riprodurre materialmente nei propri
esperimenti quel genere di unione vissuto dai mistici e dagli amanti cortesi.
La
ricchezza di significati multiculturali e multireligiosi della Vergine scura ne
ha fatto –come mostra la van Cronenburg nel capitolo finale – il modello per la
“Madonna del millennio”, con un’estesissima fortuna anche sul web.
Riferimenti
tratti da: Petra van Cronenburg, Madonne
nere, (“La via dei simboli”), Roma 2004, Edizioni Arkeios, 221 pp.
[Traduzione italiana di: Schwarze
Madonnen, 1999, Heinrich Hugendubel Verlag Kreuzlingen/München (Sphinx).
Tradotto dal tedesco da Teresa Galiani].
Pubblicato sul N. 119 del settimanale Uqbar Love (24 gennaio 2015), pp. 6-7.
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