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La profezia di Frollo

“La scrittura a mano è inadatta alle esigenze del mondo moderno” biascica Tizio, leggendo un articolo di giornale sulla diffusione dei computer nelle scuole.
            Io taccio. E prendo la penna stilografica. Ne ho due. Con la più fine, scrivo le mie lettere, talvolta imbevute di profumo. Sulla mia scrivania, invece, ci sono quelle che ho ricevuto –ciascuna tanto cara che avrebbe potuto essere stata scritta col sangue. Nel mio cassetto, c’è un pennino comprato a Firenze, con tanto di fiammante penna d’oca. Forse sintetica. Ma il proprio dovere lo fa.
Con una penna stilografica, vergo queste righe, che si tradurranno poi in kilobyte, per viaggiar più leggere.
            «Questo ucciderà quello» profetizza l’arcidiacono Frollo in Notre-Dame de Paris. Ha di fronte a sé un incunabolo; il suo macabro monito fissa negli occhi la cattedrale gotica, libro in pietra nel quale si è scritta una civiltà e che Victor Hugo conobbe come un quasi-rudere. La profezia di Frollo è sulla pagina di un volume a stampa, ubiquo –come Hugo descrive i suoi simili.
            Oggi, guardo le fotografie della cattedrale di Notre-Dame, bagnata nel quieto splendore del capolavoro. Il suo nemico predestinato –il libro stampato – le ha donato questa nuova vita. Dalla quotidianità al mito.

            Sorrido. E scrivo ANAΓΚΗ, come Frollo nella propria angoscia. Ma, dalla mia penna, ha un significato diverso. 

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