Fu
Berlino
–
fra il sole di settembre e la sua pioggia –
che
mi sradicò
dalla
mia dimora.
Il
tempo, scaglie leggere
alla
finestra –
si scrive con timore a testa china
sterpi di parole –
e
mentre il sole passa obliquo,
uno
spiraglio –
qui, a ricomporre
con
altri ramoscelli e foglie
–
sguardi, reliquie antiche, quadri –
il
proprio nido.
Berlino,
settembre 2011
Di fronte alla
fontana,
al
centro, nella Gemäldegalerie –
le pareti chiare e mute –
e i riflessi di settembre
che cadono sull’acqua –
una mantra sottile,
poi poco più su
a
lato, ad attendere
che
finalmente nulla accada:
lo
spazio del silenzio –
e mentre fuori la rivolta
qui è l’arte di attendere,
il tempo di un quadro.
Berlino,
settembre 2011
Grazie
E'
un po' guarire, basta una parola –
la
testa china, come per capire:
un
gesto breve dalla gola.
Il
cardine che tiene s'è divelto,
l'orgoglio
franto, l'edera sul tempo:
la
porta quando cede alla tua luce.
16
gennaio 2012
Sulla
curva imperfetta della notte
la
cima di una casa che traballa –
io e
la paura dello sfascio,
la
vertigine è un punto troppo alto –
se
oscilla su se stessa ma non crolla,
disegna
ellissi, punti di ritorno –
è
questo il movimento del mio passo
(il
terremoto si racconta in cima
ma
non nel paesaggio,
solo
nel filo che lo tiene stretto,
soffoca
il viaggio).
(Da: Cerchi, Ibiskos Ulivieri, 2013)
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