"A quella domanda, io ti avevo ripensato, ti avevo rivisto, solo, in quell'angolo buio della discoteca, che fissavi il vuoto o forse in quel buio c'era il vuoto solo per me. Affianco a te c'erano già dei mostri enormi, neri più della notte, che ti gridavano nelle orecchie, ti facevano paura, ti dicevano: non parlare. Se parli finisce anche questa poca luce che c'è ancora, e tutto il buio ti ingoia e ingoia il mondo e non ti salvi più. Non guardare, non parlare, non pensare, non urlare, impazzisci. Impazzisci.
Questo, devi aver creduto di sentire.
Così le ho detto, Marta, mentre lei finiva il caffé e quasi il sonno la riprendeva, le ho detto, Marta, lui è un pezzetto di cielo.
Un pezzetto di cielo.
Non te lo so spiegare meglio di così.
Questo le ho detto.
Ed era vero, che tu eri un pezzetto di cielo, idealizzato, ritagliato in mezzo alle nuvole di un cielo più grande e opaco. Un pezzettino di cielo stellato, non con tante stelle, una o due al massimo, ma che illuminano tutto il mondo, un coriandolo di cielo che piano piano si scrosta dalla volta altissima delle stelle, finisce nella polvere, senza che nessuno lo pigli con due dita, lo sfiori con un piccolo bacio, lo rimetta al suo posto, in cima al mondo.
Un piccolo cielo triste, che si affacciava al mondo con i tuoi occhi assenti, occhi senza dolore, senza paura, senza gioia."
VINCENZO DI PIETRO
Da: Vincenzo Di Pietro, Senza te, ("Primaverrà"), Milano, 2011, Leone Editore
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