Un argomento all'ordine del giorno è la qualità della vita. Espressione aerea che diventa, di volta in volta, il contenitore di aspirazioni ed inquietudini. Forse, la qualità della vita prende forma e colore solo in quell'andito segreto della mente che resta impenetrabile -in fondo- a qualunque filosofia. A voler ben guardare, è un rinfrescamento dell’antico concetto felicità. Si è trasformato in qualità, per adattarsi alla sensibilità odierna. L’uomo di oggi sceglie, fra varie proposte di vita, quella che gli pare più degna del prezzo. Non lo fa solo in casi estremi; è un atteggiamento quotidiano, in sordina. Come se un caval donato valesse più d’un altro. In ogni caso, provo a proporre la mia versione: la più alta qualità della vita è quella raggiunta, appunto, da un cavallo.
Così lo descrive Luigi Pirandello (1) : un cavallo vecchio, abbandonato dal padrone, ormai randagio. Al colmo dello sfacelo, il cavallo si ferma e bruca l'erba. Semplicemente. Placa l'arsura della fame. Il suo essere è tutto raccolto in quell'istante di refrigerio. Non è guastato né da rimpianti, né da paure, perché un cavallo non pensa né al passato, né al futuro. Non pensa. Ecco in cosa consiste la massima, l'iperbolica qualità della vita. Nel buttare all'aria tutti i castelli di filosofie, pseudo-filosofie, progetti, manifesti, pourparler, aria fritta, aria a bagnomaria, salotti, seminari e cotillons. Esattamente ciò che costituirebbe la nostra dignità -un altro vocabolo piuttosto cincischiato. Un bel sipario -e il resto sia silenzio.
Ma pare che la fortuna d'esser cavallo non sia così apprezzata. Chissà perché, si ritiene comunemente che la fortuna d’essere uomo consista nel pensare. Nel tracciare per la propria vita una tabella di marcia minuziosissima che sarà regolarmente disattesa. Ci si compiace di guardare in bocca al caval donato –donato da ogni granello di sabbia che scorre nella clessidra. E sia, dunque. Che l’uomo paghi il pensiero con la qualità della vita. Ma, se una filosofia deve esserci, che sia almeno quella di Altan: “Uno nasce e poi muore. Il resto sono balle”.
(1) Cfr.: Luigi Pirandello, “Fortuna d’esser cavallo”, in: Una giornata, (“Tascabili Economici Newton”), Roma, 1995, Newton Compton.
Dalla mia pagina FB: https://www.facebook.com/notifications#!/erica.gazzoldi/posts/244078615681245
RispondiEliminaSTEFANO TRENTO SFONDRINI: "Compito dell'artista non è di soccombere alla disperazione, ma di trovare un antidoto per la futilità dell'esistenza" [Gertrude Stein, "Midnight in Paris"]
Dalla stessa pagina:
RispondiEliminaOSCAR BARESANI: A mio avviso, oggi l'uomo si accontenta della qualità della vita e non cerca nemmeno la felicità tout-court, peraltro irraggiungibile da sempre, perché, realisticamente parlando, in sette miliardi con una densità media di 417 per kmq come qui da noi, sarebbe da mentecatti ambire ad uno spazio fisico che consenta la felicità terrena ( in quanto all'altra, si vedrà...). Il cavallo di Pirandello, al di là del fatto che non "pensa", così è dato leggere nel racconto, non ha intorno altri cavalli che gli pestano gli zoccoli. Per cui, in ultima analisi, è la capacità di immaginare propria dell'uomo l'ultima spiaggia sulla quale cercare un po' di refrigerio.
Dal gruppo FB "Gli Amici di Vivere con Lentezza": https://www.facebook.com/notifications#!/groups/113104115374913/372059396146049/
RispondiEliminaDANIELA TURRICIANO: Visto che cavalli non siamo, si e' gia' fortunati quando stiamo in contatto con loro ...... esperienza meravigliosa!!