Il
23 febbraio 2017, al Teatro Civico “M. Bortolozzi”, è tornato il prof. Fabio
Larovere dell’associazione culturale “Cieli Vibranti”. Il suo uditorio, ancora
una volta, era quello della Libera Università di Manerbio e l’argomento era
sempre operistico: “Maria Callas”, in omaggio al 40° anniversario della sua
morte.
Maria Callas (1923-1977) è
l’abbreviazione di Anna Maria Sofia Cecilia Kalogeropoulou. Nacque a New York
da genitori greci. La madre avrebbe desiderato un figlio maschio; Maria porterà
per tutta l’infanzia il peso d’essere stata indesiderata. Perlomeno, fu della
madre l’idea di avviare Maria al canto. La sua voce era straordinariamente
espressiva e difficile da governare. Qualcuno la paragonò a un quadro cubista -
ha affermato Larovere. L’aver cantato per gli occupanti nazisti ad Atene (per
bisogni economici) causò l’isolamento della Callas nel dopoguerra e il suo
tentativo di cercare fortuna altrove. A Verona, conobbe il direttore
d’orchestra Tullio Serafin, che le propose il debutto all’Arena nella
“Gioconda” di Amilcare Ponchielli. Nella stessa città, incontrò l’industriale
Giovanni Battista Meneghini: nonostante questi avesse l’età del padre di lei,
nacque una storia d’amore coronata dal matrimonio (1949). Il marito si assunse
il ruolo di finanziatore e agente della cantante. Giovane, ma pigra e goffa, la
Callas fu conquistata dalla figura di Audrey Hepburn e la prese a modello
estetico. Tra il 1953 e il 1954, avvennero il suo straordinario dimagrimento e
il raffinamento della sua immagine.
Fra i suoi, il più celebre è quello
della “Norma” di Vincenzo Bellini, sintesi di Neoclassicismo e Romanticismo. La
Callas si trovava perfettamente a proprio agio nei panni della sacerdotessa
divisa fra dovere e amore, così come in tutti i ruoli di donne lacerate e
passionali. Con lei lavorò il regista Luchino Visconti. Lui comprese
quell’istinto teatrale che era il valore aggiunto delle interpretazioni della
Callas. La diresse ne “La Traviata” di Giuseppe Verdi e “La sonnambula” di
Vincenzo Bellini. Altri ruoli eccellenti della cantante furono: la “Medea” di
Luigi Cherubini (in cui era evidente il magnetismo esercitato dalla figura di
lei, soprattutto attraverso gli occhi), la “Lucia di Lammermoor” e l’ “Anna
Bolena” di Gaetano Donizetti. La Callas non amò mai, invece, il personaggio
della “Tosca” di Giacomo Puccini, che riteneva un’isterica gelosa.
Il fascino della diva ebbe ragione
di Elsa Maxwell, influente giornalista di gossip che aveva sempre favorito la
sua rivale, il soprano Renata Tebaldi. Non poté però salvarla dalla storia
fatale con Aristotele Onassis. Quella sorta di “adolescenza di ritorno” fu
forse una causa del deterioramento della voce del soprano. Onassis abbandonò
Maria per sposare la vedova Kennedy, salvo continuare la relazione in segreto.
Nel
1969, la magnetica presenza attoriale della Callas fu colta da Pier Paolo
Pasolini, del cui film “Medea” lei fu l’attrice protagonista. Il rapporto fu
anche sentimentale, forse perché il regista aveva compreso la sofferenza della
donna. La tournée nei primi anni ‘70 con il tenore Giuseppe Di Stefano,
parimenti dovuta a un legame amoroso, diede risultati desolanti a livello
musicale, per quanto avesse un grande seguito di pubblico. La Callas trascorse
gli ultimi anni di vita in isolamento, a Parigi. Fu cremata al cimitero di Père
Lachaise. Le sue ceneri, sottratte e poi recuperate, furono sparse al largo del
Mar Egeo. La definizione forse più giusta della sua personalità è quella
trovata proprio da Pasolini: una gemma frantumata in mille pezzi per essere
ricomposta in un materiale più solido, quello della poesia.
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