Parte III: Il
canto della mosca
3.
Il
ragazzo si lasciò alle spalle la notte autunnale ed entrò nel Black Bull Pub.
Fissò la saletta, con gli alti sedili in legno e i tavolini già gremiti di
compagnie, con birre d’ogni colore. Il televisore ronzava, trasmettendo un
programma che lui neppure guardò. Il tizio muscoloso e tatuato dietro il
bancone gli gettò un’occhiata e gli indicò la scala per cui doveva scendere.
Con un cenno del capo, il ragazzo
ringraziò e si avviò. Il suo abbigliamento era a dir poco insolito, per quel
locale. Sulle spalle aveva un manto con cappuccio, rosso e bordato di giallo.
Sulla spalla, era ripiegato un appuntito berretto in feltro – la cosiddetta
feluca – tinta di nero e senza alcun pendente, fra gli ammennicoli. Al collo,
la figura portava una placca in pasta al sale, raffigurante una spada
stilizzata e la sigla “E.O.L.”
Sul colore acceso del mantello,
spiccavano i suoi capelli dorati, raccolti in una coda di cavallo. Dello stesso
colore era la barba, che fasciava appena mento e guance. Negli occhi celesti,
era impossibile dire se vi fosse più innocenza o più durezza.
La bocca, però, era aperta al
sorriso. Non avrebbe potuto non esserlo, quella
sera.
Finì
di scendere e sboccò nella saletta sotterranea. Al tavolo della riunione, erano
già pronte le candele. Ci aveva pensato Sim-Sala-Bim, la matricola dell’Erectus
Ordo Liutprandi. (*) Non era ancora arrivato nessun altro.
«Salve, Franziskaner!» lo salutò il fratello, avvicinandosi. Edoardo ricambiò.
Niente
chitarra elettrica e niente metal, per quella sera. Come Magister Cantorum del
proprio ordine goliardico, avrebbe dettato lui la musica. Niente urla, né
duetti segretamente strazianti. Almeno lì.
(*)
A Pavia, esiste realmente una tradizione goliardica. Ma questo Ordine è
rigorosamente inventato, come gli altri che compaiono nella storia.
[Continua]
Pubblicato sul quotidiano on line Uqbar Love (7 marzo 2017).
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