Il “Maggio celtico” di Manerbio ha visto tre incontri dedicati a conoscere meglio questa fase del passato locale. Il 5, il 12 e il 19, presso il Museo Civico, è stato tenuto un corso di fusione antica a cura di Giandomenico Ferrari. Il 26, dal cortile del palazzo municipale, è partita una biciclettata diretta alla cascina Remondina, teatro di ritrovamenti archeologici. Entrambi gli eventi sono stati preceduti da una conferenza tenuta da Maurizio Cavaciocchi al Teatro Civico “M. Bortolozzi”: “I Celti a Manerbio”.
L’arrivo
nella Pianura Padana dei Celti è databile intorno al 380 a.C. Provenivano
dall’Europa centrale ed erano divisi in tribù: i Boi (da cui il nome di
Bologna), i Senoni (che si stanziarono nelle Marche settentrionali), i Cenomani
(che si insediarono in area bresciana, mantovana e cremonese).
La
testimonianza più famosa della loro esistenza nel sito di Manerbio fu rinvenuta
per caso nel 1927 alla suddetta Cascina Remondina: quattordici falere, ovvero
finimenti per cavalli in argento. Le loro decorazioni ricordano quelle del
calderone di Gundestrup, rinvenuto in Danimarca nel 1891: ciò ha permesso di
datarle entro la prima metà del I sec. a. C. Attualmente, sono custodite presso
il Museo di Santa Giulia a Brescia. Sempre qui si trova il “Tesoretto di
Manerbio”: un mucchio di dracme padane, sempre in argento e risalenti al
150-140 a.C. Sono monete che i Cenomani, i Libui e gli Insubri coniarono sul
modello di quelle greche. Si può notare come alcune siano state spezzate: era
un modo per dare il resto dei pagamenti. Furono ritrovate nel 1955, in località
Gavrine Nuove. Tutti questi reperti in argento danno motivo di pensare alla
presenza di un santuario celtico a Manerbio, nei quali si sarebbero trovati
come ex voto. Le dracme padane erano coniate nell’attuale Marsiglia.
Nell’agosto
1957, in un’ansa del fiume Mella, fu rinvenuta (sempre casualmente) una spada di ferro lunga circa un metro. Dopo essere stata custodita a Brescia, è tornata
a Manerbio nel 2016 e si trova presso il Museo Civico. È databile fra il III e
il II sec. a.C.
Del II
sec. a.C. è anche la tomba del “guerriero di Flero”, riemersa durante la
costruzione di un’autostrada. Il suo corredo, tra altre cose, comprende ciotole
in ceramica, una coppa di probabile origine etrusca, una spada ripiegata su se
stessa perché “morisse” insieme al proprietario, un’impugnatura di scudo e un
paio di cesoie. Anche tutti questi reperti sono custoditi presso il Museo
Civico manerbiese.
Parlando
di storia, il III secolo ha visto ripetuti scontri fra i Celti e la potenza
militare emergente dell’Italia centrale, Roma. La vittoria di quest’ultima
nella battaglia di Casteggio (222 a.C.) spianò la strada alla conquista romana
della Pianura Padana e consentì la fondazione delle colonie di Cremona e di
Piacenza. Anche la seconda guerra punica (218-202 a.C.) vide una partecipazione
celtica importante: in Italia settentrionale, infatti, i Boi e gli Insubri
appoggiarono Annibale, dei cui successi furono in buona parte responsabili. È
il caso della battaglia del Ticino (218 a.C.), dalla quale i Romani uscirono
clamorosamente sconfitti, grazie ai Celti schierati al centro dell’esercito di
Annibale. Né fu questo l’ultimo scontro… Benché politicamente divisi, i Celti
avevano infatti mantenuto coscienza di una loro distinzione culturale rispetto
ai Romani, almeno nei territori insubri. I Cenomani, invece, erano più
romanizzati. I ritrovamenti argentei di cui abbiamo parlato fanno pensare che
Manerbio fosse per loro un centro di una certa rilevanza.
Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N.204 (giugno 2024), p. 6
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.