C’è
la rabbia di chi è cresciuto sano, amato, con qualche problema, ma nessuna
tragedia: normale, in poche parole.
La rabbia di chi, uscendo dal guscio, scopre che il mondo non è tutto come dovrebbe essere, ovvero il calco in
gesso di casa sua. La rabbia del normale che
si considera un buon esempio, o
addirittura uno spirito eletto, fra
tanti subumani. La rabbia di chi si
erge a “degno offeso” quando gli viene rivolto anche solo un minimo segno di
contrarietà, ma pretende una “libertà” che è quella di giudicare, condannare e
reprimere chi non è un buon esempio come
lui. La rabbia di chi crede d’aver trovato una Verità Assoluta da propinare
a chiunque – e chi cerca di frenare il suo delirio è un mistificatore o un dittatore.
Diamine, non si può più nemmeno dire la Verità?
Poi, c’è la
rabbia di chi incontra costui. Di chi si deve sentir dire che è un pagliaccio o un estremista dal Normale solo perché desidera ciò che anche quest’ultimo
ha (ma TU non puoi! TU sei difettoso! TU
non sei come me!). La rabbia di chi chiede conto al Normale delle sue
pretese di essere un modello, di poter insegnare agli altri senza aver
realmente niente di superiore da ostentare. La rabbia di chi incontra l’ipocrisia
di quelli che reclamano la libertà di
limitare la libertà degli altri. La rabbia di chi si sente dare del vittimista, perché, in fondo, non sta mica morendo di fame! Evidentemente, l’uomo vive
di solo pane e l’ingiustizia non fa male a nessuno.
La
rabbia non è uguale per tutti.
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