Passa ai contenuti principali

In un bene impacchettato male

Fin dal titolo, vien voglia di chiedersi di che “bene” parli Vincenzo Calò e in che senso sia “impacchettato male”. In copertina, ammicca la Surprise! di Ambra Simeone: una scatola infiocchettata, che si svela vuota. Una sorpresa poco cortese, uno scherzo di cattivo gusto, forse. O c’è altro? 

Mi ricordo Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry,: il pilota, per disegnare al Piccolo Principe la pecora che desidera, gli rifila il bozzetto di una scatola. E quella è la soluzione: dentro l’involucro, la fantasia del bambino può porre ciò che preferisce. Così pure, la Surprise! può essere qualunque cosa. È un eterno inizio, di quelli invocati da Niccolò Fabi sul frontespizio: “Ah si vivesse solo di inizi/di eccitazioni da prima volta/quando tutto ti sorprende e/nulla ti appartiene ancora…”
Il “bene impacchettato male” torna a pag. 38: è quello che serve a trattenere le “pazzie”, contate dal poeta insieme alle “stelle perse”. E Vincenzo prova davvero ad avvolgere e infiocchettare le proprie follie. Ma esse sfuggono, si arzigogolano in versi sibillini, in sfaccettature troppo numerose per essere considerate una per volta. Nel goffo imballaggio, ci sono “giornate che funzionerebbero con le batterie del telecomando più utile e vecchio/se non bastasse l’amore per la vita, da ricostruire/secondo nessuna scoperta scientifica…” (pag. 11). Ci sono i “ragionamenti di una doccia che perde” (pag. 25), forse meno deliranti di “tutto un regno chiccoso e borghese” (pag. 21) che ritorna sotto varie forme nel corso della raccolta. Ritorna anche il “silenzioso abbandono” di nome “Dio” (pag. 53), che confessa stranamente “di bramare il contenuto del nostro stomaco poco prima di mangiare e bere” (pag. 16). In questo carosello di nonsense, nemmeno la politica offre orizzonti soddisfacenti. Eppure, i giovani come Vincenzo Calò non possono evitare di parlarne: “Perché vogliamo alzare i cuori d’istinto/questi muscoli chiusi come numeri da giocare…” (pag. 20).
In tutto questo “bene” così difficile da impacchettare, la speranza è di pescare “storie umane, da seguire/per entrare nel deserto della ragione” (pag. 80).


Vincenzo Calò, In un bene impacchettato male, Gaeta 2014, deComporre Edizioni, 80 pagg., 8 €.

Dello stesso autore: C'è da giurare che siamo veri...

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...