Certo,
sig. Marco Cubeddu, Lei potrebbe dirmi che è già passata acqua sotto i ponti,
da quando uscì il Suo articolo Ragazze in shorts, vi siete viste? È
già trascorsa la campagna su Twitter #GliShortsNonStuprano, alla quale,
peraltro, non ho potuto partecipare. Non possiedo un simile indumento, perché i
miei gusti sono da “Secolo XIX”, tanto per stare in tema (e perché, con le
cosce al sole, sembrerei la testimonial della
Sagra del Cinghiale). Però, non sempre il santo vien gabbato, al passar del
giorno. Ci sono considerazioni che vale la pena di riprender con calma.
Giusto per farLa felice, Le dico che
ho osato, una volta, la combinazione “tubino + autoreggenti”. Jamais plus. Che imbarazzo!
Il punto del discorso, però, è: a
lasciar perplessi è l’accostamento di tematiche complesse come femminicidio,
stupro e violenza domestica con un volubile fatto di moda.
Poveri
shorts, povere minigonne, poveri reggiseni… di quanti e quali delitti vi
s’accusa! Siete bensì interessanti, per considerare la "crudeltà di vanità"e il lato libertino della "gente perbene". Ma incriminarvi del peggio di cui l’umanità sia capace è cosa che vi
trascende decisamente.
Quanto alle “ridicole
discriminazioni” nel campo dell’omicidio, esistono già: “infanticidio”,
“uxoricidio”, “parricidio”, “matricidio”, “suicidio (più o meno assistito)”,
“eccidio”, “fratricidio”… Non denotano sfumature di “valore della vittima”, ma
diverse caratteristiche socio-psicologiche dell’atto. Possono aiutare a
comprendere il movente o le cause culturali di un fenomeno, nel momento in cui
non è più sporadico. “Femminicidio” è il termine corrente nella riflessione
femminista per indicare un omicidio legato a specifici ruoli di genere. Ovvero,
quello perpetrato ai danni di una donna in quanto tale, nel momento in cui
trasgredisce un tabù sociale legato al proprio sesso (es.: la verginità, la
fedeltà coniugale, la pudicizia, la dedizione alla famiglia…). Sembrano
discorsi d’un altro secolo, è vero. Ma ciò si potrebbe dire anche del Suo articolo.
In merito alla diffusione d’una moda
fra le adolescenti, per come le conosco o le ho conosciute, il femminismo
c’entra poco. Essa è determinata da una varietà di altri fattori: i modelli
mediatici di desiderabilità, il bisogno di piacere a sé e agli altri, la
ricerca di identità e accettazione fra coetanei attraverso l’esaltazione del
proprio corpo… Lei avrà forse letto Acciaio, il celeberrimo romanzo di Silvia Avallone. È controverso, sotto il profilo
della ricezione, ma acuto nell’analizzare il ruolo d’estetica e mode fra
adolescenti. Potrebbe rispondere alle Sue perplessità meglio d’altro.
“Nessuno
dei miei amici si fidanzerebbe con una che si veste così. E nessuna delle mie
amiche si vestirebbe così.” Spontaneo chiedersi: le Sue amicizie hanno forse
quattordici anni?
Dimenticavo:
l’articolo parla di una giornata estiva. Più
che le rivendicazioni femminili, avrei interrogato il termometro.
Dire
che un vestito è “da sgualdrina”, poi, non fa i conti con la percezione
culturale d’un dato modo di porsi. Ciò che è “perbene” e ciò che è “permale”
tendono a scambiarsi i ruoli, di generazione in generazione. Oggi che le “cosce
al sole” sono sdoganate, più che a una speciale dissolutezza, fanno pensare
–appunto- allo spirito sbarazzino dell’adolescenza. O a un tantino
d’infantilismo? Chissà.
Lei termina con: “Non è con il
sensazionalismo che cambieranno le cose. La fine delle discriminazioni passa
per l’esito di battaglie di lungo periodo, fragili processi storici e fasi di
transizione, che muovono da basi profonde. […] Siamo così convinti che mettersi il velo sia prigione e i
minishorts siano libertà?” Questa è l’unica parte del pezzo con cui mi
trovo sodamente d’accordo. Faccio parte di quei “milioni di donne” che si
trovano “perfettamente a loro agio” in una “via di mezzo”. Però, se è vero che
“l’abito non fa il monaco”, allora non ha neppure senso legare le questioni più
delicate ai pantaloni delle ragazzine. Cordiali ossequi.
Commenti
Posta un commento
Si avvisano i gentili lettori che (come è ovvio) non verranno approvati commenti scurrili, offese dirette, incitazioni all'odio di qualunque tipo, messaggi che violino la privacy o ledano l'onore di terzi. Si prega di considerare questo blog come uno spazio di confronto, così come è stato fatto finora, e non come uno "sfogatoio". Ci scusiamo per eventuali ritardi nella pubblicazione dei commenti: cause (tecnologiche) di forza maggiore. Grazie.