"Se gli altri non ti amano, devi essere tu ad amarti!" È un pensiero che va alquanto di moda. Non nego che abbia la sua seduzione e un fondo di verità. Le persone che non sanno amarsi, che odiano una parte di sé, provano sentimenti di cattiva qualità anche verso gli altri. Dato che si giudicano, per loro è normale giudicare. Dato che non si accettano, per loro è giusto non accettare. L'odio che provano per sé è la lente attraverso cui guardano il prossimo. Finché non se la toglieranno dagli occhi, dalle relazioni non potranno aspettarsi un granché.
Ma... investire su di sé tutto l'attaccamento emotivo che non si riesce ad avere verso altri? Idolatrare se stessi perché i rapporti col prossimo sono bollati come "non appaganti"? Non ci vuole un luminare per capire che questa è la descrizione di un atteggiamento narcisistico, altro argomento di moda. Anche qualora non si presentasse il vero e proprio disturbo di personalità, non sarebbe comunque una soluzione sana. Cementerebbe il male.
Facciamocene una ragione: le relazioni non sono evitabili. Anche pagare una bolletta è una relazione, visto che il pagamento è un atto che collega almeno due persone: l'emittente e il ricevente. Anche se fosse possibile evitare il resto del mondo... che razza di vita sarebbe la nostra? Chiusi fra quattro mura, fra immagini virtuali e l'impossibilità di uscire dai vincoli stessi della nostra mente, finché una malattia o un incidente non faranno piazza pulita di noi... È la condizione degli ergastolani, nonché degli schiavi nella caverna platonica. Non è esattamente un quadretto felice e i recenti lockdown ce l'hanno fatto provare sulla nostra pelle, quando non abbiamo più potuto illuderci che l'isolamento fosse una scelta.
Se le relazioni non sono appaganti, la soluzione non è coccolare noi stessi, ma rimboccarsi le maniche e trovare cosa c'è che non va, per cambiare strada. Si chiama "crescere". E non va assolutamente di moda, come tutto quello che costa caro.
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