E... sì: dagli anni Ottanta in poi, siamo stati invasi da prodotti culturali "pop" di scarsa qualità. Abbiamo visto il cinema popolare farsi cinepanettone, la televisione proporre come "realtà quotidiana" l'artificialità di certi talk show e di certi reality. Abbiamo visto la cafonaggine e l'esibizionismo del nulla diventare la norma.
Però...
Non è questo il genere peggiore di hollow men che i due decenni appena trascorsi hanno prodotto.
L'idiozia scientemente diffusa (intesa come vuoto di contenuti spacciato per leggerezza, volgarità gabellata come popolarità) è un male, certo. Ma non è impossibile da sconfiggere, finché rimangono persone curiose e appassionate, in grado di proporre alternative... persone vive. Da temere sono i morti che cercano di impedire a questi vivi di vivere.
Da quando si è verificata "l'epidemia del vuoto" in Italia, si è accentuato il divario fra la cultura popolare e quella cosiddetta "alta", coltivata nei teatri, nelle biblioteche, nei musei e nelle università: ambienti divenuti per conseguenza più esclusivi, a rischio di morte per asfissia. Questo ha portato a due conseguenze: una è la tentazione di pensare che la rivitalizzazione del patrimonio culturale sia un mero fatto di buona pubblicità; l'altra è il rigetto aprioristico di qualsiasi apertura al popolare, al divulgativo, al social.
Ed è qui che arrivano i mostri. I peggiori esemplari di "uomo vuoto".
Sono i professorini da tastiera e da bar. Quelli che si autoproclamano sacerdoti e sacerdotesse del "bello", del "culturale", del "significativo". E credono di rappresentare tutto questo sputando sentenze su qualsiasi opera viva, fatta col cuore e con una buona dose di cervello e lavoro (invisibili perché dietro le quinte, certo... ma non dovrebbero essere proprio le persone "profonde" e "intellettuali" a saper guardare oltre la superficie?) Del resto, è impossibile aspettarsi empatia e acume da chi è privo di sentimenti e di pensiero.
Sono esemplari di "uomo vuoto" gli hater della "divulgazione alla Barbascura X", ma anche quelli che se la prendono con scrittori, youtuber, cosplayer e creatori di contenuti di qualsiasi tipo... "colpevoli" (secondo la loro ottica superficiale) di non stare con loro nel "loggione dei migliori": quelli che pensano di coltivare valori socioculturali costruendosi (appunto) un loggione di cartapesta, fondato sull'esclusione di quasi tutti gli aspetti della vita, e sputando da quello sul resto dell'umanità. Più che un loggione, è una bolgia dantesca, fumosa, putrida e puzzolente.
Dicono di essere "la resistenza", di "restare ancorati" a ciò che è solido. Ma il loro stesso comportamento li sbugiarda.
Intanto, molti di loro sono su Facebook esattamente come noi miseri mortali... e lo usano pure male. Spesso hanno un profilo fake, sia per la finzione ipocrita di "non aver niente a che fare con i frivoli social", sia perché credono così di non pagare lo scotto delle cattiverie che scrivono.
Poi, dietro tutti i loro proclami di "buon gusto" e di altri valori, cosa si trova? Niente. Il vuoto, appunto. Non hanno creatività, i loro interessi sono limitati, parlano pochissime lingue, non conoscono neppure le città che frequentano e le loro amicizie diventano sempre più risicate... non per sana selettività, ma perché si rendono indigesti a chiunque. Chissà perché.
Accusano gli altri di essere esibizionisti e "tutti apparenza". Ma sono loro a non aver niente, dietro il loro faccino da carta d'identità. Nemmeno il loro aspetto brilla, perché non ha alcuna luce dietro di sé che possa farlo splendere. Non possono certo avere una bella vetrina di sé, perché non hanno niente da offrire. Tranne giudizi, inibizioni, cattiverie.
Sono loro le vere teste vuote prodotte da due decenni di idiozia. Le peggiori, perché cercano di tagliare le gambe anche a chi (con la sua creatività e apertura) sta faticosamente creando strade per uscire dal vuoto culturale. Lo fanno per miopia e presunzione, ma anche e soprattutto invidia. Perché i morti ambulanti, da sempre, invidiano i vivi.
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