Passa ai contenuti principali

Il carnaio sotto il tappeto


Un salotto pregevole; sul tavolino, libri d’arte e cataloghi di mostre. In un vaso, i fiori d’ordinanza. Che lo spettacolo abbia inizio.

Gli intellettuali  radical-chic e la coppia altoborghese si fronteggiano dai rispettivi posti di combattimento, cominciando con pistolotti sulla “civiltà” e sulla “buona educazione”. Giustamente: le guerre partono sempre da messinscene diplomatiche. E, forse, la farsa avrebbe funzionato, se fosse stata consentita la provvidenziale uscita di scena. Ma la via di fuga è ostruita; i personaggi sono attratti dall’abisso che si sta spalancando. E tutto precipita qui, nella ferocia, negli umori acidi, nei volti fattisi maschere primordiali.


            Yasmina Reza è acuta ed impietosa nel cogliere le contraddizioni della “società bene”. Roman Polanski ha tradotto le sue intuizioni per il cinema, in Carnage. Un film che ha creato perplessità: girato in una sola stanza, con scene anche apertamente stomachevoli, senza mai togliere lo spettatore dal filo del rasoio. “Non ti sei perso niente” ha detto una signora ad un amico cinefilo. Si era perso l’uomo, invece. La telecamera aveva sostituito la fioca lanterna di Diogene, portando alla luce la “banalità del male”. Il “dio del massacro” –avverte la Reza- non è un fantasma esorcizzato, che invasa solo qualche raro pazzoide. È parte dell’uomo. Risiede nell’Es, la “Cosa” di cui parla Sigmund Freud? O lo si vuol chiamare θυμοειδές, alla maniera di Platone? Ad libitum. Ciò che conta è notificarne la presenza normale e domestica. Dorme sul tavolino da notte. Si trova in bagno, accanto al dentifricio.

            Gli antichi, in merito, erano forse più saggi di noi. Conoscevano bene il “dio del massacro” e la sua forza. Lo addomesticavano con preghiere e templi, chiamandolo Ares, Mars, Thor, Wotan, Odino, Ishtar, Khalì, Teshub… Perlomeno, non lo ignoravano.

            Noi, invece, lo releghiamo all’ambito della devianza. Ne parliamo sottovoce, smozzicando i termini, mandando a letto i bambini. Lo ierofante del suo culto è il televisore: guarda caso, sempre acceso. Quella è l’unica apparizione in cui osiamo guardarlo: naturalmente, per tenerlo a distanza, per ripeterci l’ebete litania del quelli – sono – pazzi – noi – invece – siamo - normali. Chi cede al “dio del massacro” è sempre un “pazzo”. Anche se andava al lavoro, accompagnava i bambini a scuola, aveva una laurea, beveva il caffé –era, insomma, una “persona normale”. Sarebbe il caso di chiedersi se la “pazzia” non ci accomuni tanto quanto la “normalità”. Ma, probabilmente, preferiremo proseguire con la litania di cui sopra, fra una tazza di the e l’altra… mentre il “dio del massacro” dorme sonni inquieti, sotto i cuscini dei nostri divani.


Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...