Passa ai contenuti principali

Dal fare al dire (2)

Da: Verso l’altra fiamma (1929)





“L’1 febbraio dell’anno corrente, demoralizzato, vinto, io avevo appena terminato tutti i preparativi per la mia partenza dalla Russia e mi trovavo nella mia camera dell’Hotel Passaggio, a Mosca, quando Victor Serge entrò, molto calmo, ma pallido come la morte […] Si trattava di un articolo abominevole […]:


            Il 26 di questo mese, la compagna Mar’ja Svirtsjéva, membro della direzione della casa n° 19 di via Jeliabov, entrò nell’appartamento del cittadino Russakov per esaminare le riparazioni che erano appena state eseguite. Il cittadino Russakov, inquilino principale, avvicinandosi a Svirtsjéva, le domandò rozzamente perché fosse venuta. […] La preparazione verbale dell’aggressione non fu lunga. Una delle donne, la figlia di Russakov, prese Svirtsjéva per la spalla, mentre Russakov la colpiva al viso. Tutti e cinque, Russakov in testa, trascinarono Svirtsjéva lungo il corridoio, fino all’anticamera, colpendola con tutto quello che capitava loro sottomano. […] È assolutamente chiaro che nel corridoio semibuio di un appartamento borghese ha avuto luogo una rissa di classe ben caratterizzata. […] Leningradskaja Pravda, 31 gennaio 1928.




            […] Il 3 febbraio, Russakov arriva improvvisamente da Leningrado, dove un mandato d’arresto era stato emesso contro di lui. Non è meno imperturbabile, coraggioso, perfino spavaldo: ‘Cosa vogliono da noi, quei banditi? Stavolta, sono definitivamente impazziti!’


E ci racconta, sinceramente, ingenuamente, la scena dell’aggressione.


            Prima provocatrice: Roitman, una giovane comunista, ebrea di Bessarabia, coinquilina dell’appartamento. La conosco. Vuole cacciare via i Russakov e prendere il loro alloggio. Sconfitta in tutti i processi che intenta al vecchio, decide, stavolta, d’accordo con lo Jakt (*), del quale la cavaliera Svirtsjéva, sua amica, è un membro importante, di fare il diavolo a quattro per obbligare i Russakov ad andarsene. Chi può resistere ad un comitato d’alloggio, quando una testa non gli va più a genio? E questo comitato delega Svirtsjéva e la invita a procedere ad un’ ‘ispezione’ dell’appartamento.


            Entra. Apre le porte. Russakov esce dalla sua camera e le chiede di fargli vedere il mandato che la incarica di questa ispezione.


‘Non ho alcun mandato da mostrare a speculatori e controrivoluzionari!’ grida lei.


A quelle parola, Ljuba, figlia di Russakov e moglie di Victor Serge –fragile creatura, incapace di offendere un gatto- interviene: ‘Ma, compagna, come potete insultare così mio padre? Voi sapete bene che è un rivoluzionario della prima ora, operaio alla fabbrica Samoilova…’


Un terribile pugno in pieno viso è la sola risposta; Ljuba stramazza, insanguinata, stordita.


‘Noi, allora, l’abbiamo presa in tre e trascinata alla milizia. Lei voleva scappare.’


[…] Quel poltrone di Russakov non le ha nemmeno assestato due buone paia di schiaffi.”




PANAIT ISTRATI


(*) “Cooperativa dell’alloggio”


Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...