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Una serata tragicomica con le Muse dell’Onirico

Emanuela Soffiantini in "Corto circuito" di Aldo Nicolaj
Emanuela Soffiantini in Corto circuito
Anche se il periodo delle quarantene ha inferto grossi colpi alle attività teatrali, la compagnia manerbiese “Le Muse dell’Onirico” c’è ancora, eccome. La sua vocazione alla commedia sofisticata l’ha portata a organizzare “Una serata tragi-comica” al Teatro Civico “Memo Bortolozzi” di Manerbio, il 5 maggio 2023. Tre brevi commedie si sono susseguite, mettendo in scena tre donne non più giovani, ognuna portatrice di una differente situazione esistenziale. 

            Corto circuito di Aldo Nicolaj, per esempio, presentava un caso d’ansia patologica e totalizzante. La protagonista, interpretata da Emanuela Soffiantini (con la regia di Luciano Sperzaga), era un’anziana signora dominata dal terrore per qualsiasi eventualità della vita. Le sue fobie l’hanno portata a confinare la propria esistenza in un appartamento all’ultimo piano d’un condominio. Sembrerebbe aver trovato così la propria pace. Dal suo balcone, scorge però un giovane elettricista che lavora su un cornicione, sfidando il pericolo… Cosa succederà, adesso? La commedia analizza una “sensibilità” che è piuttosto un egoismo paradossale: “Tu non puoi vivere, perché i pericoli che corri mi mettono in ansia!” 

Augusta Capra in "Lo stepper"
Augusta Capra in Lo stepper

            La seconda pièce era Lo stepper, interpretata da Augusta Capra e diretta dalla sorella Daniela, direttrice artistica della compagnia. Una donna di mezza età è ad alto rischio d’infarto; il cardiologo le prescrive (anzi, le impone) un cambio di stile di vita. Perciò, lei compra non solo un attrezzo ginnico detto stepper, ma anche una serie di completini sportivi. Tutto questo la porta a confrontarsi col proprio corpo, tra pie illusioni e dure verità.

            Il finale è toccato a quello che è già stato un cavallo di battaglia di Daniela Capra: Acua e saù, traduzione dialettale di Acqua e sapone di Aldo Nicolaj. Il monologo è tratto dalla vicenda vera della “saponificatrice di Correggio”, la serial killer Leonarda Cianciulli (1894-1970). Nel 1946, fu condannata per aver ucciso tre donne e ricavato sapone dal loro grasso. L’aveva fatto per appropriarsi dei loro beni e far scomparire i cadaveri, ma anche per la convinzione di conservare la vita dei figli tramite questi “sacrifici propiziatori”. Questa storia di infelicità, follia e superstizione è stata trasformata da Nicolaj in un caso di ossessione manichea: l’ideale della pulizia. In tempo di guerra, non era certo facile mantenerlo, visto che scarseggiavano i detergenti. Allora, perché non convertire in sapone tutte quelle “persone sporche che stavano al mondo per niente”? La protagonista si è data anima e corpo a questo “scopo della sua vita”. E la sua celletta solitaria in carcere, per lei, è il premio per tale coerenza estrema: ecco che non soffre più né di fame, né di seccature, né (soprattutto) di sporcizia. La recitazione di Daniela Capra legge la figura della Cianciulli in chiave grottesco-caricaturale, senza nulla togliere all’atrocità di quanto narrato. 

Daniela Capra in "Acua e saù", tratta da "Acqua e sapone" di Aldo Nicolaj
Daniela Capra in Acua e saù

            Cos’avevano davvero in comune queste tre donne? La loro evidente, incolmabile solitudine. Il terrore delle eventualità, l’indolenza e il fanatismo sono tre vie diverse per arrivare al medesimo punto: la non-vita, l’assenza di qualsiasi sentimento, che porta il proprio mondo a rimpicciolirsi in modo asfittico – ma senza rendersene conto, perché si è ormai divenuti minuscoli come esso. Ridendo di queste tre macchiette, è impossibile non provare un fondo d’angoscia: quanti di noi stanno correndo nella loro stessa direzione?

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