A
rendere particolarmente godereccia la serata sono stati non solo i panini con
la porchetta, ma soprattutto i brani della Banda dell’Ortica: un complesso
locale che ripropone il repertorio di Enzo Jannacci, Renato Carosone, Giorgio Gaber, Fred Buscaglione. È stata una vera e propria ventata di graffiante
anticonformismo, ironia amara e vivace performance, con un tocco “d’epoca” che
non guastava. Purtroppo, un temporale ha interrotto il concerto; ma i nostri
sei non si sono scoraggiati: con una chitarra, hanno improvvisato alcune
canzoni in coro coi presenti.
Le
protagoniste, a ogni modo, rimangono le fotografie. In esse, vive l’incanto dei
sentieri di montagna e dei fiori di campo, ripresi nel dettaglio. Un corpo
femminile lucido e flessuoso accompagna le proprie linee curve con quelle di un
drappo rosso fiamma, in un dinamismo statuario. In una foto in bianco e nero,
una ragazza bella e imbronciata siede all’ingresso di una vecchia casa, forse
in attesa di un messaggio che non arriva. Ricordano i dipinti di Edgar Degas i
due scatti ritraenti una ballerina. Silenziosi e magnifici sono invece il mare
e il Tamigi, mentre volteggiano gabbiani al di sopra delle loro acque.
Un pianeta ignoto mostrava sfumature di colori caldi e freddi sulla sua superficie, come se fosse stato appena intinto in fresche vernici.
Anche le architetture svelavano una loro vertigine, che
si trattasse di geometrie perfette o delle volute di una scala a chiocciola. Un
gioco ottico capovolgeva una famosa facciata, mentre alcune piante grasse
fotografate dall’alto illudevano per un attimo d’essere cupole puntute ed
estrose. Seguivano scatti in bianco e nero: un campo allagato, un giocatore di
pallacanestro in un momento di tensione, un anziano uomo concentrato sulla
propria pipa… e un delicato ritratto femminile, in cui qualcuno ha riconosciuto
una nostra compaesana. I paesaggi urbani, coi loro intensi graffiti, e
l’interno di un treno erano accostati a una folla di visitatori sui merli di un
castello: la capacità della fotografia di isolare sguardi e momenti le
permette, in un certo senso, di astrarre le cose dal tempo. Il Mosé
michelangiolesco accompagnava un’adolescente odierna con un’acconciatura a
treccine, resa quasi monumentale dal fortissimo chiaroscuro in cui la figura di
lei era immersa. Una grondaia fotografata da terra apriva una vertiginosa
prospettiva verso il cielo.
Né
questo elenco esaurisce tutto quello che i visitatori possono vedere. La
fotografia, più rapida e tecnologica della pittura, non è però meno capace di
trasmettere osservazioni acute ed emozioni intense. È proprio il caso di dire:
“Vedere per credere”.
Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 192 (giugno
2023), p. 10.
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