Al
centro del tavolino rotondo, il piatto con gli assaggi pescati dal buffet. Una
bottiglia di Gutturnio va vuotandosi.
Il sole, su quel giardino coi
gazebi, è limpidissimo. Le ragazze siedono in crocchi, o passano come farfalle,
nei loro abiti fiorati. Nel gruppo del tavolino rotondo, fervono le notizie sul
dopolaurea delle conoscenti.
«E lei? Si è sposata?» domanda la prima
amica alla seconda.
«No»
risponde l’altra. «Lui è stato assunto in uno studio legale, ma non viene
pagato».
«E
lei?»
«Oh,
lei ha già un lavoro fisso e guadagna per tutti e due. Ha trovato la casa e
paga le bollette. Ma lui non vuol saperne di farsi mantenere, nemmeno
temporaneamente. “Ma che uomo sono io, in queste condizioni?” le ha risposto.
Fra l’altro, lui non vuole che i suoi genitori gli paghino il matrimonio. “Ma
sposami pure in Comune, con l’anello di bigiotteria…” gli ha concesso lei.
Niente».
«E
come fanno, allora?»
«Si
vedono nel finesettimana, quando lui va a trovarla a casa sua. Lei comincia a
non poterne più…»
«Ma… che ci sarebbe di strano a
farsi mantenere dal coniuge, in caso di bisogno?» intervengo io. La prima amica
tentenna: «Ma… sai… lui è un uomo!»
È impossibile emancipare un
orgoglioso.
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