Come
ho accennato nel post Cavoli riscaldati, essere un anello di congiunzione fra due mondi può far incorrere in
esperienze interessanti. Per esempio, quella di subire la stessa accusa da
parte di due fronti diversi. Sorvolo su facili osservazioni come “molti nemici,
molto onore” o “chi non fa nulla va bene a tutti”. In breve: quando ho sposato
posizioni filocattoliche (solitamente, in materia di bioetica) ho ricevuto
tacce di “lobbysmo” («La lobby vaticana priva le donne della libertà di
autodeterminazione», ecc.). Quando ho parlato di “matrimonio egualitario”, “famiglie
arcobaleno”, “omofobia”, riecco la famosa parolina: «Sono invenzioni della
lobby gay!»
Ora, a furia di sentirmi propinare
la stessa minestra in situazioni tanto differenti, ho pensato bene di andare a
conoscere ‘sta signora Lobby della porta accanto e di presentarla pure ai miei
trentaquattro lettori (scusa, don Lisander, ma è esattamente il numero che
compare sul blog). Per far bene le cose, vi piazzo, papale papale, la
definizione tale quale compare su Treccani.it, per il Dizionario di
Economia e Finanza:
“lobby
2012
di Giuliana
De Luca
lobby Termine
inglese, utilizzato originariamente per indicare l’ingresso della House of
Commons, dove i parlamentari incontravano il pubblico, che identifica i
rappresentanti di un gruppo di interesse organizzato su base volontaria, i
quali, agendo da intermediari con il sistema politico, mobilitano risorse
nel tentativo di influenzare le scelte e promuovere gli interessi del gruppo
stesso. Quando tale azione, sotto forma di comunicazioni e contatti (forma di
azione convenzionale), o di campagne verso l’opinione pubblica, di
finanziamento di campagne elettorali, di scioperi, di proteste organizzate
(forma di pressione più forte) ha successo, l’articolazione degli interessi
avanzati dalla l. si traduce in domanda politica. Il successo dell’azione
di pressione e il raggiungimento degli obiettivi, specifici o generali, in
termini di avanzamento di interessi (economici e non) o di preferenze morali,
sono subordinati alla disponibilità di risorse di varia natura (economiche;
numeriche; di influenza, intese come conoscenze personali, facilità di accesso
alle sedi decisionali e ai canali di pressione rilevanti ecc.; conoscitive;
organizzative o simboliche).
L’azione
politica delle lobby. Le analisi elaborate nell’ambito della teoria delle
scelte pubbliche hanno evidenziato che, modificando gli schemi degli incentivi
(sanzioni/premi) e grazie alla sensibilità del governo ai finanziamenti, i
gruppi di pressione dotati di mezzi economici e/o numerici rilevanti
possono con facilità e frequenza ottenere dai politici programmi e azioni a
loro favorevoli contro l’interesse comune. Ciononostante, quando i cittadini
sono organizzati in più l. politiche, queste ultime finiscono per combattersi
l’una con l’altra (common pool), senza riuscire a influenzare i
programmi del partito al potere e lasciando di conseguenza al governo una certa
autonomia.
Le
lobby e l’interesse comune: due modelli a confronto. I gruppi di
pressione possono concorrere al bene della democrazia nella misura in
cui – agendo dall’interno delle istituzioni e non dal loro esterno, in
quanto riconosciuti e regolamentati – la loro molteplicità e interazione
diano luogo a una ‘competizione’ che realizzi un equilibrio tra spinte e
pressioni contrastanti, volto al conseguimento dell’interesse generale (visione
pluralista). Possono, al contrario, rappresentare un ostacolo o un pericolo per
l’interesse generale, quando il processo democratico sia dominato da un numero
esiguo di gruppi di pressione ‘speciali’ – ossia raramente regolamentati e articolati –
che difendono interessi parziali, o quando, più in generale, lo Stato si ponga
come unico detentore dell’interesse comune, che difende contro interessi
particolari giudicati perturbatori, anche se tollerati (visione
democratica classica). La prima visione coincide con il modello anglosassone e
statunitense di lobbying, in cui si accorda legittimità alle attività dei
gruppi di pressione; la seconda con il modello latino-francese, in cui tali
gruppi difficilmente sono riconosciuti come elementi costitutivi della
democrazia. I sistemi politici che hanno una regolamentazione
specifica per l’attività di lobbying giudicata utile al dibattito politico sono
8: Australia, Canada, Commissione e Parlamento europei, Germania, Polonia,
Stati Uniti, Ungheria e Taiwan.
Giuliana
De Luca”
Direi che non c’è molto altro da aggiungere. Mi
limito a sottolineare punto interessante nel mio caso: “Il successo
dell’azione di pressione e il raggiungimento degli obiettivi, specifici o
generali, in termini di avanzamento di interessi (economici e non) o di
preferenze morali, sono subordinati alla disponibilità di risorse di varia
natura (economiche; numeriche; di influenza, intese come conoscenze personali,
facilità di accesso alle sedi decisionali e ai canali di pressione rilevanti
ecc.; conoscitive; organizzative o simboliche).” Ergo, quando
avrò i miliardi di un banchiere o i contatti di un cardinale, potrete ripassare
per rompermi le scatole con ragione. Fino a quando sarò una blogger morta di
fame, che si fa pagare qualche articolo ogni tanto su un mensile provinciale,
sarò semplicemente una vostra concittadina che esprime in pubblico un parere,
come vuole il regime di libertà di pensiero e parola che dovrebbe essere
garantito dalla Costituzione. Anzi, pure la libertà d’associazione sarebbe un
diritto tutelato dall’art. 18 Cost., come ricorda la Lobby dei Rompiscatole Critici. Il fatto che il mondo latino abbia tanta paura di questo tipo di azione politica dimostra semplicemente che, pur ostentando il culto della democrazia liberale, la maggioranza dei cittadini dello Stivale non ha il coraggio di realizzarla fino in fondo. La libertà (anche quella d'associazione) è rischio e chi vuole la bicicletta deve pedalare. O accettare in santa pace la presenza di lobby che si avvalgono di questa libertà, o mutare l'ordinamento del Paese: tertium non datur.
Del
resto, tacciare qualcuno di lobbysmo è un modo vigliacco e semplificatorio per
rifiutarsi di ascoltare la sua posizione e riconoscerne le motivazioni. Ma
questo non sembra antidemocratico a nessuno…
Piuttosto
che fare le pulci sulla “legittimità” a chi ha il fegato di prendere posizione,
mettetevi in gioco voi stessi. E abbassate il ditino dietro il quale, su un
fronte o sull’altro, cercate pietosamente di nascondervi.
"Fino a quando, o Catilina, la tua lobby abuserà della mia pazienza? (E non importa, se il termine non è stato ancora inventato...)" |
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