Passa ai contenuti principali

Il segreto


Un po’ goliarda, un po’ filosofo, con una barba che lo rende silenico quanto ci vuole. Il suo sorriso ha una leggerezza insostenibile (giusto per citare un’espressione nota). «Scrivi bene» mi dice. «Scrivi c*****e, ma le scrivi bene…» Un altro di quei sorrisi. Sto al gioco.
Non si sa come, una battuta dopo l’altra, si finisce per fare considerazioni d’altro tipo. Lui parla con apparente noncuranza della propria non più giovane età (i tempi della Feluca, quella che io porto ancora sulle spalle, per lui sono passati da tempo). «Ho capito che io non sono i capelli che cadono, non sono i miei racconti…» «Chi sei, allora?» lo stuzzico. «Sono seduta vicino a te da mezz’ora e non so ancora chi tu sia…» Rido leggermente.
«Quello che sono io lo sei anche tu» prosegue, sempre più sibillino. «Togliti gli occhiali» fa, poi. Mi precede nel gesto.
Ora, nella nebbia del mio mal funzionante cristallino, le mie pupille cercano di fissare le sue.

Non ricordo le domande che mi ha fatto e alle quali io non sapevo neppure se dovessi rispondere. Ricordo che mi ha condotto davvero a una sorta di vuoto, invitandomi a lasciar perdere tutte le concettualizzazioni possibili, fosse pure quella del “Non lo so”. A quel punto, avvertivo solo la pacata presenza della mia mente, come un mare liscio. I miei occhi offuscati non sapevano più distinguersi dai suoi.
«Lo senti?»  ha sorriso lui. «Lo può fare la tua mente?»
Non ho risposto.
«Tu sei questo. E lo sono anch’io. Sei perfetta. Non puoi perderti. E nessuno può farti del male, ora che lo sai».
Ho sorriso vagamente anch’io. Senza saperlo, quel “lucido folle” aveva messo il dito in una piaga.
Prima di andarsene, mi ha detto: «Chiudi gli occhi. Dove sono io, ora?»
Mi sono lasciata guidare dal suono. «Ti sento nella mia testa».
Ha riso. «Sei la fonte di tutte le cose».
“Esperienza soggettiva di qualcosa di oggettivo; esperienza oggettiva di qualcosa di soggettivo”. Così aveva detto, anche.
Prima che se ne andasse, l’ho abbracciato. Di sicuro, si è divertito, con questa “bimba sperduta” che stava al gioco, un po’ per curiosità, un po’ per cortesia, un po’ per un’inquietudine viscosa che le scorreva sottopelle, quella sera. Un episodio di ordinaria anormalità.

Commenti

Post popolari in questo blog

Letteratura spagnola del XVII secolo

Il Seicento è, anche per la Spagna, il secolo del Barocco. Tipici della letteratura dell'epoca sono il "culteranesimo" (predilezione per termini preziosi e difficili) e il "concettismo" (ricerca di figure retoriche che accostino elementi assai diversi fra loro, suscitando stupore e meraviglia nel lettore). Per liberare il Barocco dall'accusa di artificiosità, si è cercato di distinguere una corrente "culterana", letterariamente corrotta e di contenuti anche immorali, da una corrente "concettista", nutrita dalla grande tradizione intellettuale e morale spagnola. E' vero che il Barocco spagnolo vede, al proprio interno, vivaci polemiche fra autori (come Luis de Gòngora e Francisco de Quevedo) e gruppi. Ma l'esistenza di queste due contrapposte correnti non ha fondamento reale. Quanto al concettismo, è interessante notare come esso sia stato alimentato dalla significativa definizione che di "concetto" ha dato Francesco...

Farfalle prigioniere, ovvero La vita è sogno

Una giovane mano traccia le linee d’una farfalla. Una farfalla vera si dibatte sotto una campanella di vetro. La mano (che, ora, ha il volto d’un giovane pallido e fine) alza la campanella. L’insetto, finalmente libero, si libra e guida lo spettatore nella storia del suo alter ego, la Sposa Cadavere.              Così come Beetlejuice , The Corpse Bride (2005; regia di Tim Burton e Mike Johnson) si svolge a cavallo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mostrandone l’ambiguità. A partire dal fatto che il mondo dei “vivi” è intriso di tinte funeree, fra il blu e il grigio, mentre quello dei “morti” è caleidoscopico, multiforme, scoppiettante. A questi spettano la gioia, la saggezza e la passione; a quelli la noia, la decadenza, l’aridità. Fra i “vivi”, ogni cosa si svolge secondo sterili schemi; fra i “morti”, ogni sogno è possibile. Per l’appunto, di sogno si tratta, nel caso di tutti e tre i protagonisti. A Victor e V...

"Gomorra": dal libro al film

All’inizio, il buio. Poi, lentamente, sbocciano velenosi fiori di luce: lividi, violenti. Lampade abbronzanti che delineano una figura maschile, immobile espressione di forza.   Così comincia il film Gomorra, di Matteo Garrone (2008), tratto dal celeberrimo libro-inchiesta di Roberto Saviano. L’opera del giornalista prendeva avvio in un porto: un container si apriva per errore, centinaia di corpi ne cadevano. Il rimpatrio clandestino dei defunti cinesi era l’emblema del porto di Napoli come “ombelico del mondo”, dal quale simili traffici partono ed al quale approdano, da ogni angolo del pianeta. Il film di Garrone si apre, invece, in un centro benessere, dove regna un clima di soddisfazione e virile narcisismo. Proprio qui esplode la violenza: tre spari, che interrompono il benessere e, al contempo, sembrano inserirvisi naturalmente, come un’acqua carsica che affiora in un suolo perché sotto vi scorreva da prima. Il tutto sottolineato da una canzone neomelodica italian...