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Considerazioni inattuali: lettera a Francesco Dettori


Egregio Francesco Dettori, procuratore della Repubblica per la Provincia di Bergamo,
in questi giorni, avrà ricevuto fin troppi pareri sul suo... ehm, “illuminato” consiglio al mondo femminile: “Sarebbe bene che di sera le donne non uscissero sole”.
            Innanzitutto, lodo l’originalità della soluzione proposta. Pensi, non ci saremmo mai arrivate… D’altronde, è solo da qualche millennio che il nostro genere deve mendicare la tutela di familiari e partner maschi, perché la sicurezza pubblica fa quel che può (o meno ancora) e ci sono in giro cervelli che sarebbe bestemmia definire umani. Davanti a questo radicato e mondiale problema, cosa ci sentiamo rispondere? Mi scusi, ma detto da un rappresentante dello Stato e delle sue leggi, suona un tantino pilatesco (oltre che ridondante).
            Visto che Lei non è donna, Le lascio solo immaginare cosa significhi doversi guardare le spalle solo perché si sta tornando da una festa, un cineforum, un’iniziativa culturale in un circolo. È la mia situazione e quella di milioni di donne italiane. Anche a Pavia, una studentessa, pochi mesi fa, è stata aggredita nell’ingresso del proprio collegio da uno sconosciuto che la pedinava, verso le ore 05:00. L’ha scampata per il rotto della cuffia, perché il balordo è rinsavito quel tanto che bastava a capire che c’erano telecamere a circuito chiuso e che avrebbe potuto svegliarsi la custode. Aggiungo: la ragazza non circolava da sola. Semplicemente, ha ritenuto che non fosse necessario obbligare pedantescamente i propri amici a scortarla per qualche metro. Ma, quando si dice la sfortuna…
            Dato che anche le donne sono cittadine che pagano per mantenere le forze dell’ordine (nonché le Sue apprezzatissime auto blu), avrebbero quantomeno il diritto di ricevere il servizio corrispondente. E, soprattutto, di non sentirsi rispondere qualcosa di molto simile ad: “Arrangiatevi!”
            Non parliamo, poi, dei pregiudizi dementi che circolano sugli stupri e che sembrano tentare anche i coltissimi avvocati. Non dico di simpatizzare a prescindere con l’accusa, in un processo per violenza sessuale. Il reo potrebbe benissimo essere vittima d’una falsa testimonianza o d’uno scambio di persona. Però, per favore, lasciamo da parte minigonne e ancheggiamenti. Cosa penserebbe, Lei che sa di giurisprudenza, di qualcuno che dipingesse una bella vetrina di gioielli come un’istigazione alla rapina? Giudicherebbe la tentazione come un’attenuante? Senza voler essere aristotelici duri e puri, bisogna pur ricordarsi che l’uomo è responsabile delle proprie scelte etiche, finché non interviene una costrizione oggettiva. Non valgono scuse come: “L’occasione era troppo ghiotta!” Non è accettabile per i bambini, figuriamoci per gli adulti… Però, quando si tratta dell’aggressione a una donna, questo concetto fatica a farsi strada nella communis opinio. Non parliamo, poi, d’un’altra perla: quella che vorrebbe gli uomini come incapaci di ragionare, davanti a stimoli sessuali troppo forti. Concedo che l’eccitazione maschile sia improvvisa, “a frustata”. Ma da qui a dire che i maschi non sanno governare il proprio comportamento passa un bel po’ di distanza. Prima di tutto, molti filosofi morali (vedasi Immanuel Kant, per esempio) erano uomini. Come vede, la virilità non è incompatibile con la riflessione etica.
            Ma supponiamo, per assurdo, che questo pregiudizio dica la verità. Ciò significherebbe che la nostra società è piena di “Hulk”, pronti a farsi mostri alla prima scintilla di disattenzione. Bisognerebbe concludere che, per ogni maschio umano, occorrano una o più tutrici che veglino su ognuno dei suoi movimenti; o, addirittura, gabbia e camicia di forza. Dicano i lettori se ciò farebbe giustizia al genere maschile.

Distinti saluti,

Una cittadina italiana

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