‹‹Ci porta la lista delle cioccolate, per favore?›› chiedo
alla cameriera, con un sorriso. ‹‹Tu mi tenti!›› scherza M. Ma Pavia è gelida e
nevosa, una tazza di bevanda calda con panna o zabaione può far solo bene. Alla
faccia di tutte le circonvoluzioni mentali sulla “dieta” e la “forma”.
Rimastico il rancore di Vincenzo Costantino "Cinaski" contro tutte le regole
salutiste che sono, soprattutto, regole. Un perfezionismo che non collima mai
–ovviamente- con la realtà quotidiana.
Quando
arrivano le cioccolate fumanti, io e M. ci buttiamo a rimestare il ricamo
spumoso che le sormonta. Il mio umore è grigio. Non ho fatto altro che parlarle
della mia deconcentrazione negli studi, degli esami prossimi ad arrivare, del
mio bisogno di svolte che è, per ora, poco più d’un “astratto furore”. Lei fa
tanto d’occhi, riducendo i miei malesseri a ciò che, probabilmente, sono
davvero: un’inquietudine passeggera. M. non si complica la vita. La sua
felicità ideale assomiglia a quel cornetto con cappuccino che è la sua
devozione della mattina. La invidierei, se potessi.
Non so
come, il discorso si sposta sugli studi. Lei ha frequentato una facoltà
“scientifica”, come si usa dire in quel lessico balordo che deve, per forza,
costituire poli avversari nel sapere. Balordo è sicuramente per me, che studio
Lettere, ma non disprezzo le “scienze”. Possono essere odiosi gli “scienziati”,
ma le “scienze” mai. Una certa reciprocità, in questo, c’è da parte di M. Dopo
aver faceziato sulla scarsa avvenenza dei compagni di facoltà (la categoria di nerd non è pura metafisica), lascia
fioccare una riflessione. ‹‹Ho calcolato algoritmi per anni; so fare
ragionamenti matematici in più. Ma non posso certo dire che i miei studi mi
abbiano formato come persona… È il sapere umanistico a dare una direzione alla
vita, a conferire una forma mentis. Una
volta, mi è capitato di ascoltare Fabio Fazio intervistare Bill Gates: “È più
importante la scienza o la filosofia?” L’altro ha risposto che con la filosofia
non si cura il cancro. Non ho potuto che dargli ragione, all’epoca. Poi, però,
sono cambiata. Perché la “scienza” va diretta, bisogna sapere che uso farne, se
non la si vuole trasformare in qualcosa di distruttivo.››
Taccio
circa le mie perplessità su Fazio e i suoi pourparler.
Come ho già accennato, trovo praticamente senza senso quel tipo di dualismo
che, pure, continua a funzionare nei talk
show. La “scienza”, poi, non andrebbe mai declinata al singolare. Ma la
semplicità di M. prende tutta la mia concentrazione. Mentre, su Pavia, comincia
a piovere, penso alle sue parole così ovvie, ma così straordinarie in bocca a
una studentessa della sua facoltà. Di solito, gli intellettualoidi del suo ramo
tendono a disprezzare gli “umanisti”. Lei continua a parlare: di Franco
Battiato e di come la meditazione, pur non “produttiva” in senso stretto,
spinga le persone a cambiare mentalità, influendo sui comportamenti che esportano
nella società. Perle d’una mattina al bar.
Io agli alunni dico sempre: "E' ovvio che col solo latino o la sola filosofia non si mangia e che il mondo necessita di professioni tecnico-scientifiche per andare avanti, ma se ho bisogno di un ingegnere che mi progetti un ponte, vorrei anche qualcuno che mi dia il senso del mio attraversarlo". Finché non conoscerò qualcuno lucrezianamente inebriato della pura conoscenza scientifica delle cose del mondo, che mi dimostri che essa davvero zittisce tutti i nostri dolori e i nostri interrogativi, continuerò a credere all'umanesimo.
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