Jacques Zambolo, Il giorno del terrore |
L’inaugurazione
ha visto letture poetiche eseguite da Eliana Gambaretti ed Erica Gazzoldi,
nonché brani suonati al flicorno da Alessandro Bonali. I versi letti quella
sera erano di autori manerbiesi e sono stati raccolti in un opuscolo
distribuito gratis al Borgomella. All’inaugurazione, hanno preso parte l’ANPI
locale, il Gruppo Alpini, l’assessorato alla Cultura e la Solidarietà
Manerbiese.
Il cuore
dell’evento, però, sono state le opere artistiche. Oltre che dal Collettivo
InEssere di Manerbio, erano state realizzate dal Fotoclub di Leno e dal gruppo
di acquarello Nexus di Ghedi. Di Jacques Zambolo era Il giorno del terrore,
in cui molti volti dai tratti quasi espressionisti fissavano con occhi sbarrati
una grande fiamma. Luciano Baiguera, organizzatore della mostra, aveva invece
dipinto La cura: nei suoi colori scuri e gelidi, era possibile ravvisare una
sorta di termometro (misurava forse la freddezza umana?). Cristina Brognoli
aveva invece firmato le Ossa con vista: una serie di radiografie su cui erano
stati incollati occhi di carta, come a voler scrutare fin dentro la sofferenza
e la crudeltà della nostra natura. Lucia Aresi aveva immortalato le Scarpette
rosse, quanto rimaneva di un bimbo di tre anni. Sempre al suo pennello si
dovevano Rialzami e Rialzati, due ritratti di mani che si stringevano per
aiutarsi (una delle mani, in ciascun paio, era sempre di un prigioniero dei
lager). Di Fabiana Brognoli era la Deposizione, in cui un manichino
disumanizzato prendeva il posto del Cristo, mentre a piangere erano uomini in
uniforme a righe, sotto una nube mortifera. Sempre suoi erano i volti spettrali
che emergevano Dal buio. Mauro Zilioli, invece, aveva rappresentato L’attesa del proprio turno nei forni crematori. Colori spenti e forme
disciolte caratterizzavano La Rosa di Claudio Lombardi, simile piuttosto a
una figura umana curva e abbandonata. Donato Virgilio, Mario Gatto, Giorgio
Bertoletti e Fabio Sterza avevano rappresentato il Gruppo Fotografico di Leno.
Avevano scelto la via della rappresentazione simbolica: mani strette, oppure
tese verso un pezzo di pane (fra sbarre e una svastica); una candela spenta in
mezzo al filo spinato; murales disperati…
Lucia Aresi, Scarpette rosse |
La vita
in un barattolo di Marcella Bertoli era invece un omaggio a Irena Sendler,
l’infermiera crocerossina polacca che salvò circa 2500 bambini ebrei. Di
Giovanna Cremaschini era la Mater dalle forme disciolte e dilatate, che
ricordava quelle parole di Primo Levi: “Considerate se questa è una donna…”
L’opera
più originale era forse quella di Luigi “Bigiài” Viviani: Il triangolo rosa.
In essa, come foglie secche, pendevano da diversi rami i triangoli rosa che
marchiavano gli uomini omosessuali nei lager. Per solidarietà contro le
discriminazioni, anche diverse persone nel bar li indossavano, la sera
dell’inaugurazione. E questa è stata probabilmente la Memoria più attuale.
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