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I manerbiesi davanti a “Terezin”

Chi disprezza l’arte e la considera inutile, probabilmente, non ha mai toccato le tenebre della vita. È evidente nelle vicende storiche rievocate da un film che il Politeama di Manerbio ha proposto in vista della Giornata della Memoria 2023

locandina di terezin l'arte è più forte dell'odio
Fonte: https://www.classicult.it/ 

            Il 24 gennaio 2023, infatti, è stato proiettato Terezin – L’arte è più forte dell’odio (2022; regia di Gabriele Guidi). Terezin (in tedesco “Theresienstadt”) è una città-fortezza nell’attuale Repubblica Ceca, fondata alla fine del XVIII secolo dall’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena in onore della madre, l’imperatrice Maria Teresa. Durante la Seconda Guerra Mondiale, divenne un ghetto ebraico (o, meglio, campo di concentramento). Sebbene la funzione di Terezin non fosse lo sterminio, vi ebbero comunque luogo moltissimi decessi, dovuti alle condizioni di internamento. Inoltre, esso era comunque un luogo di raccolta e di smistamento dei prigionieri da inviare nei lager di Treblinka e Auschwitz. Un’altra caratteristica per la quale il ghetto divenne famoso è l’alto numero di artisti e intellettuali che vi furono rinchiusi. Da questo prende le mosse il film, tratto dalle vicende di persone realmente esistite.

            Antonio (Mauro Conte) è un clarinettista italiano che ha proseguito la propria carriera a Praga. Qui, ha conosciuto la violinista cecoslovacca Martina (Dominika Zeleníková), divenuta la sua compagna. Ma, nel 1938, ha luogo l’occupazione nazista della Cecoslovacchia. Antonio e Martina sono di origini ebraiche: per loro, Praga non è più un luogo sicuro. Ma non vogliono abbandonare quella che considerano “casa loro”. Arriva quindi il giorno in cui sono costretti a trasferirsi a Terezin. Qui, vengono separati (uomini e donne non risiedono insieme) e privati di qualsiasi aspetto della propria vita: effetti personali, spazi, igiene, alimentazione adeguata, finanche della loro stessa arte. Antonio incontra altri musicisti che sono andati incontro alla sua medesima sorte; Martina viene assegnata alla custodia di bambini e ragazzi.

            Una fortunata sorte vuole che il personale militare conceda alcune attività ricreative e culturali, per placare gli animi degli internati. I due protagonisti possono così ritrovarsi nell’orchestra che viene istituita all’interno del ghetto. Si tratta di una consolazione precaria, minacciata anche e soprattutto dai “treni per l’est”: le partenze verso i lager. Ma, per i prigionieri di Terezin, la musica e le altre attività culturali divengono ossigeno. Possono liberare la propria mente dalle angosce presenti, ritrovare la voglia di vivere e persino suonare ai nazisti ciò che non possono dire loro apertamente, attraverso la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.

            Non c’è lieto fine, ma certamente una lieta novella: anche nel buio più profondo della Storia, si trova la capacità di essere umani, negli animi più insospettabili. Lo sterminio di milioni di persone, fra cui artisti e intellettuali che avrebbero cambiato il volto dell’Europa, è una ferita incancellabile; ma coloro che si sono intestarditi a salvare la bellezza e la compassione hanno reso reale questa speranza: “Un giorno, sulle rovine del ghetto noi rideremo”.

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