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Vincenzo Calò legge e intervista Claudia Filippini

Nata a Roma nel 1951. Autrice profonda e a volte spigolosa, ma sempre fedele a se stessa. Imprenditrice in diverse realtà, compresa la fondazione di un giornale. Pittrice per decenni e artista eclettica, in poche parole: una donna vera. Nel 2018, è cofondatrice della PlaceBook Publishing insieme a Fabio Pedrazzi. Ha pubblicato:

Un gazebo pieno di nuvole, 2018 

copertina del giallo la dritta schiena di claudia filippini

La dritta schiena, 2021

L’area grigia, Città in Giallo, 2021

I segreti nel cassetto, Città in Giallo, 2021

L’uomo e il cane, Città in Giallo, 2021

La donna perfetta, Città in Giallo, 2021

Sotto l’asfalto, Città in Giallo, 2021

Tra le pieghe dell’anima, Città in Giallo, 2022

Il sole non sorgerà, Città in Giallo, 2022.

 

 

Dimmi un po’ Claudia, ma non ci si stanca mai di mettersi in discussione?

 

Se una persona vuole fare un percorso di crescita, non può stancarsi di mettersi in discussione. Ognuno di noi non è la stessa persona rispetto a ieri o a domani, quindi il mettersi in discussione è accettarsi per quello che si è in un dato momento, magari constatando che è diverso rispetto al passato.

 

Come raffigureresti l’onestà intellettuale? Ciò richiede sia l’istinto che il raziocinio, e se sì in che percentuali?

 

Ciò non richiede nessuno di tutti e due. Si tratta di rispetto verso il Prossimo nel non distorcere le parole o i vissuti per sostenere la propria versione o la propria opinione. Vuol dire rispettare, anche in un momento di disaccordo, i punti fragili dell'altro. E questo, francamente, non fa parte di me.

 

C’è ancora qualcosa per cui non ci può essere alcun tipo di giustificazione (con buona pace dei giallisti?)?

 

Da una causa scaturisce un effetto. Più che giustificare direi capire la ragione per cui una persona possa aver agito in un determinato modo. Da qui ad assolvere un individuo per quello che ha fatto, ce ne passa. L’opinione dello scrittore può essere differente da quella del lettore. A volte il cattivo non è così cattivo come il buono può essere visto come figura negativa.

 

In quale fase compositiva un giallista si diverte maggiormente, a differenza di altri generi di scrittura qui conta di più o di meno il fare ordine tra le idee?

 

Il giallista è uno scrittore che deve prevedere ogni cosa e non può dare troppo spazio alla fantasia se non nella fase descrittiva delle scene dove si parla per esempio del tempo atmosferico, o nella descrizione fisica del personaggio… basta che corrispondano a veridicità. Nessuna cosa deve essere messa lì a caso, altrimenti si rischia di scrivere delle castronerie. Dove il giallista si diverte di più? Quando architetta il crimine, sempre con veridicità e competenza.

 

Claudia Filippini è Miriam Ricciardi in buona sostanza?

 

In ogni romanzo lo scrittore mette una parte del proprio vissuto. Anche inconsapevolmente. D'altronde non potrebbe essere altrimenti.

 

Un affetto per conquistarlo va smarrito?

 

Se parliamo della sfera dei sentimenti, questa è un caleidoscopio di sensazioni dove una può essere il contrario dell’altra. Non c’è una regola fissa.

 

La costituzione di una saga attrae inevitabilmente il lettore?

 

Dipende dall’abilità dello scrittore. Se il lettore si affeziona ai personaggi, allora vuol dire che lo scrittore è stato bravo.

 

Gestire una casa editrice si sta rivelando sempre più una missione impossibile?

 

Lo è stato fin dall’inizio come per ogni attività che qualcuno intraprende. Quando si ha a che fare con il materiale umano, e nel nostro caso mettiamo mano a qualcosa che scaturisce dal profondo dell’anima di uno scrittore, ci vuole molto equilibrio, lungimiranza e attenzione specialmente nel valutare le opere che ti arrivano. Per non parlare dei rapporti umani.

 

 

La dritta schiena

 

Grazie all’autrice vibrano narrativamente un patrimonio indesiderato per chi lo poteva possedere per discendenza; una raccolta sigillata d’intime confessioni consumata dal passare del tempo ma che non si darà per persa; e una dimora extraurbana, col territorio toscano a contornarla.

 

Ma soprattutto all’orizzonte persevera un arcano pressoché sibillino, vago; che, adagio adagio, si accentuerà.

 

Trattasi di un giallo dalla non univoca chiave interpretativa, per accedere alle esperienze che prova il personaggio cardine, ossia Miriam Ricciardi.

 

Già, lei e la sua dedizione nell’informare sull’agone criminale, fedele professionalmente a uno dei più seguiti quotidiani australiani; presa dalle pagine del diario di un caro affetto non vissuto, dovendo sottostare volenti o nolenti al destino.

 

La Filippini contorce fili amorevoli (perché capita di fissare pur inconsciamente degli appuntamenti con la vita), conducendo tutti coloro che apriranno il libro dentro un canale passionale di volta in volta con rapida scioltezza, verso la fine… ma attenzione, è solo il primo atto dei tre di questa storia che non può fare assolutamente a meno della figura di Miriam Ricciardi.


Vincenzo Calò

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