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Venere, dobbiamo chiederti scusa

 Cara Venere... scusa. 

venere botticelli

Dovremmo dirtelo più spesso. Anche se non sarebbe abbastanza, dopo quello che ti abbiamo fatto. Botticelli (e quanti come lui) ti hanno rappresentata come meriti: divina, meravigliosa, potente. Una forza cosmica da amare e temere, che agisce ovunque e in ogni epoca.

E cosa succede, invece, sempre più spesso?

Da una parte, sei diventata una ballerinetta da strapazzo che sculetta per convincere la gente ad aprire il portafoglio. Persino quando si tratta di colle e di vernici. Per carità, tu sei sempre stata anche questo: il nume tutelare della prostituzione e del piacere spicciolo. Platone sentì il bisogno di sdoppiarti, perché la tua versione sublime e la tua versione animalesca erano incompatibili, nella sua visione. D'altronde, era un filosofo aristocratico: distinzioni e gerarchie, separazioni fra "l'alto" e "il basso" erano fondamentali, nella sua visione del mondo. Ma sto divagando. Il punto è che, da quando è necessario far pubblicità a qualsiasi cosa, il tuo potere è stato degradato non solo a mezzo spicciolo per attirare l'attenzione della gente, ma anche a ossessione: una sessualizzazione continua ed eccessiva di qualsiasi cosa. E questo è il primo male.

Il secondo è quello che pretenderebbe di mettere riparo al primo.

Ne ho piene le tasche di leggere sui social frasi come: "Ho capito che il sesso non è poi così importante", oppure "Il sesso e l'amore sono due cose diverse", o anche: "Noi valiamo molto più di questo" (inteso come "oggetti di desiderio carnale").

A parlare - è ben vero - sono coloro che hanno subito pesanti manipolazioni psicologiche da parte di chi ha sfruttato i loro bisogni sessuali per schiavizzarli/e psicologicamente. Non c'è da stupirsi che provino disgusto per le dinamiche carnali, visto il trauma subito. Le rifuggono così come gli ex-alcolizzati rifuggono anche solo da un bicchiere di vino. Agiscono come chiunque abbia lottato per uscire da una dipendenza. Il sesso può e deve passare in secondo piano, nel momento in cui ci tocca calpestare e far calpestare la nostra dignità pur di ottenerlo. Ma questo non autorizza a costruire un'intera visione della natura e delle relazioni umane.

Persino queste situazioni malate, dolorose, disgustose non fanno altro che gridare una cosa che abbiamo dimenticato: Venere, tu sei una Dea!

La forza del piacere, della passione e dell'attrazione è una di quelle che consentono all'universo di sussistere. Senza di essa, non solo non si verificano nascite biologiche, ma non ci sarebbe neppure il gusto di esistere e di vivere.

Senza Venere, rimangono solo obblighi, routine, grigiore. Una vita senza rischi, certo, ma anche senza sapore. Una vita fatta di soli pesi, di soli automatismi. Insomma, un incubo. In un quadro simile, qualsiasi essere senziente finirebbe per spegnersi e morire d'inerzia.

L'impulso del piacere non è ignobile. Sposato con una mente complessa e viva, genera le arti e l'estetica. Genera civiltà. Venere, tutti si ricordano i tuoi amori con quel bruto di Marte, ma chi pensa più alla tua storia con Mercurio, il dio dell'ingegno? O al tuo matrimonio (non voluto da te, ma durevole) con Vulcano, l'artefice perfetto?

Da una parte, siamo abituati a usarti in modo scriteriato. Dall'altra, proprio per questo, ci siamo convinti che tu sia quell'ignobile sgualdrina che ci viene presentata ogni giorno dalla comunicazione di massa o dai nostri manipolatori personali.

Dobbiamo chiederti scusa. E tornare a vederti nella tua piena, cosmica bellezza: quella che hanno rappresentato pittori come Botticelli, poeti come Lucrezio, scultori come Alessandro di Antiochia. Da veri geni, hanno capito che "l'alto e il basso", "il carnale e lo spirituale" non possono vivere divisi. Sono perfettamente sincronizzati, praticamente indistinguibili in un organismo psicofisico sano.

Chi ti contempla nella tua interezza, non ha più bisogno di ricercare ingorde soddisfazioni, né di fuggire i propri desideri. Semplicemente, esiste per ciò che è, generando relazioni, creando opere d'arte, diffondendo gioia col sorriso che tanto ami. Non esclude la genitalità, ma neppure vive solo di quella. 

Soprattutto, non bestemmia continuamente te, hominum divumque voluptas, alma Venus.

Tu sei ovunque ci siano gaudio, abbracci, bellezza e gratitudine per la ricca esperienza dello stare al mondo. Quale vita, quale gioia senza l'aurea Afrodite? Con Mimnermo, dobbiamo riconoscere onestamente che, in un mondo senza di te, esistere non giova. Neppure l'amore avrebbe più nerbo o sapore.


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