Questa è la storia di tante donne giovani e in gamba. Nonostante il loro enorme valore come persone e professioniste, i riconoscimenti concreti sono pochi e ancora meno la solidarietà.
Facile rispondere a questa domanda, difficilissimo doverne parlare.
Ho 30 anni (quasi), sono una donna in salute, ho una bella relazione, 3 gatti che ho dovuto lasciare dai miei e il lavoro che tutte e tutti sognano in età infantile: sono una veterinaria. Anzi, sono un'oncologa veterinaria. Non ho figli (e non ne voglio) perché non posso donar loro il minimo indispensabile per crescere bene: salute mentale in primis, stabilità economica in secundis. Ho la partita IVA, ma la legge italiana permette alla clinica dove lavoro di farmi essere lì per 50-55 ore settimanali a 300€ al mese, nonostante i miei titoli e i miei anni di esperienza. E ciò che si prospetta per il futuro non è di certo uno stipendio da re, forse il minimo per vivere e senza le garanzie da dipendente. La stessa struttura offre un contratto da dipendente come tecnico a chi ha appena finito il liceo. Con tutti i bonus.
Il burnout professionale è sempre lì a farmi il solletico, minacciando di tornare. Già, tornare. A 30 anni. Però ehi, il bonus psicologo mica serve. Basta farsi un bel giro sul monopattino elettrico.
Non ho e non voglio avere figli perché, tra l'altro, non c'è rispetto, non c'è aiuto, l'uomo è cattivo. E se poi fosse una bambina? Vivrei nella costante paura dei branchi che la vogliono toccare, umiliare, deridere, stuprare, annullare. Paura che vivo anche per me.
E se poi fosse queer? Sarebbe il mio orgoglio, la mia luce, guardate l'ho fatta io quella persona che non ha paura di essere, semplicemente essere. Mi insegnerebbe tante cose sul coraggio, eppure, caro papa Francesco, tu saresti il primo che non accetterebbe questo cuore in più che tu stesso hai voluto che mettessi al mondo. Ma non eravamo progenie di Dio? Com'era? Alcuni lo sono più di altri, mi sa.
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