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"La stranezza": Pirandello, il teatro e la realtà

Sono nati vivi e vogliono vivere. Poco importa che siano “solo” personaggi: come si nasce fiore, albero o pietra, così pure si nasce personaggio. Hanno un loro moto, loro pensieri, loro sentimenti. Più che creazioni, sono figli. Ma il loro padre non riesce a metterli al mondo. Non può o non vuole scrivere quel benedetto dramma. Per lui, evidentemente, loro sono troppo veri per poterli inquadrare nelle convenzioni del teatro. Ecco, dunque, che i sei personaggi gli sfuggono di mano (apparentemente) e vanno a cercarsi un altro potenziale genitore. 

Luigi Pirandello (Toni Servillo) con Sebastiano e Onofrio (Ficarra e Picone) in una delle scene de "La stranezza".
Foto tratta da Wired.it

            È la celeberrima trama dei Sei personaggi in cerca d’autore (1921), il capolavoro di Luigi Pirandello. La storia della composizione di questa commedia ha ispirato un film ugualmente tragicomico, La stranezza (2022; regia di Roberto Andò). Il cast è certamente di richiamo, visto che vede Toni Servillo nei panni del grande autore siciliano, nonché Ficarra e Picone in altri due ruoli principali. Ma quello che colpisce, probabilmente, è rivivere i dilemmi di Pirandello quasi dall’interno.

            All’inizio del film, il drammaturgo torna al paese natio per garantire un funerale alla sua vecchia balia defunta: fra inefficienze e corruzione, si rivelerà un’impresa non da poco. I becchini di turno sono proprio loro: Ficarra e Picone, che per l’occasione si chiamano Sebastiano e Onofrio. Nel tempo libero, gestiscono una compagnia teatrale. Il loro ingenuo entusiasmo per quanto avviene sul palco (“è tutto vero!”) contrasta singolarmente con la crisi attraversata da Pirandello. Lui, che è uno dei massimi autori teatrali italiani, non riesce più a scrivere per le scene.

 

           

Come fate a credere a uno che si mette un naso finto, una gorgiera e fa finta di essere altro da ciò che è?

 

Insomma, il teatro “tradizionale” (quello della “quarta parete” e della “sospensione dell’incredulità”) non gli basta più. Nel Novecento, il mondo sta scoppiando e (con esso) le finzioni artistiche. Forse, in tutto questo, c’entra anche la prigione di follia in cui il drammaturgo vive quotidianamente: da quando sua moglie è impazzita, il discrimine tra il normale e l’anormale non è mai scontato. Ma anche lui non ha una mente serena quanto sembrerebbe… I suoi ricordi e i suoi personaggi gli appaiono innanzi come persone in carne ed ossa, quasi al limite della schizofrenia. Uno di questi “fantasmi veri” è proprio la sua balia, che ricorda i momenti in cui lui, da piccolo, era preso dalla “stranezza”: una specie di follia legata anche agli effetti del lume lunare. All’epoca, gli bastavano un po’ di coccole e una nenia, per farla passare. E ora che la sua balia non può più rassicurarlo…?

            Fatto sta che la “stranezza” prende la forma del suo capolavoro: un’opera teatrale che smonta contemporaneamente il teatro e il mondo degli spettatori, annullando i confini fra l’uno e l’altro.

 

 Voi avete posto una bomba nelle fondamenta dell’edificio della realtà e vi state seduto tranquillamente sopra.

 

gli dice (nel film) un altro grande autore siciliano dell’epoca, Giovanni Verga (Renato Carpentieri). È significativo il fatto che, a pronunciare queste parole, sia lo scrittore che, più d’ogni altro in Italia, ha cercato di fare della letteratura il fedele strumento di resa della realtà. Guardiamo il giudizio della storia: il Verismo è stato una parentesi limitata; da Pirandello in poi, invece, il teatro non è più stato quello di prima. La letteratura può avere un futuro solo se è fino in fondo ciò che è: finzione sempre più consapevole che entra nella vita, ribaltando le prospettive dei lettori/spettatori e facendo appello al loro senso critico.

            E l’incontro con Onofrio e Sebastiano che c’entra? È proprio il loro approccio ingenuo ai due mondi, quello della verità e quello della scena, a far scattare in Pirandello la scintilla che lo porterà alla sua rivoluzione. I due portano sul palco i fatti del villaggio, spacciandoli per “riferimenti puramente casuali”; ma, in modo veramente casuale, finiranno per esibire in teatro i propri drammi personali.

            Ecco, dunque, che la permeabilità fra realtà e finzione che caratterizza ormai la vita di Pirandello può anche creare una possibilità di riscatto. Se Onofrio e Sebastiano sono fatti della stessa sostanza dei suoi personaggi, lui ha il potere di dare una nuova direzione alla loro storia, di portarla verso un finale dignitoso. Ahimè, questo è solo il sogno d’un professore geniale minacciato dalla follia. Ma, per lo spazio d’un film, funziona. Di certo, i suoi Sei personaggi in cerca d’autore si sono rivelati allo stesso tempo una bomba e un trionfo. In bocca al lupo, brave new world che deve rimanere sveglio per capire quale sia la realtà.

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