Comincerei da Nilde, la figlia dell’autore: una creatura che
rischia di cadere nel conservatorismo, non potendo attribuirle una svolta,
quella vitalità che apparteneva a Zaitsev quand’era piccolo e nella fase dello
sviluppo, sospingendolo alla lotta per i diritti, non temendo alcunché, specie le proprie
debolezze, consapevole di discendere sinceramente e gagliardamente da un ideale
di giustizia.
L’Urss aveva inculcato a Vassily quantomeno un credo
ideologico; per affrontare a viso aperto le autorità che gli si ponevano
davanti, nient’affatto casuali se l’obiettivo consistesse nel realizzare
l’uguaglianza civile, da perfetto umile, cioè senza peccare di superbia,
salvaguardando pur sempre la dignità.
Apatia e pessimismo galoppavano ogni qualvolta si metteva a
lavorare, seppur lei, Irina, avesse iniziato a prenderlo in considerazione,
badando a non cascarci male oltremodo… la scintilla tra i due poteva scoccare
perché erano incorruttibili, fedeli al comunismo, tanto da riflettersi nel
reddito che conseguivano sacrificandosi.
Zaitsev finalmente si sentiva chiedere come mai non fosse in
grado di sorridere, e con ottimismo, in virtù di un’esistenza che muta a patto
che ci si scrolli… ammissioni che fulminarono l’uomo, incapace di
controbattere, pervaso dal pensiero del momento, dal destino che gli plasmò la
sua donna ideale, un qualcosa d’insperato, di vitale insomma, che aveva smesso
di attendere.
Spesso pareva che le menti dei due si fossero abbracciate,
per una ragion d’essere da riqualificare e basta; cosicché Zaitsev si rimboccò
le maniche per non deluderla assolutamente, contribuendo al successo di una
filiale creditizia, in termini squisitamente produttivi, lasciando a bocca
aperta gli unici colleghi, Maria e Pavlov, che conoscevano bene i suoi limiti.
Zaitsev rimarrà timoroso; proprio sul punto di azzardare lo
sviluppo degli amorosi sensi, giacché bisognoso d’affetto, venne ostacolato da
Ciro, dal marito straviziato di Irina che adoperò una strategia efficace,
convincendo l’amante della moglie su come i tempi non fossero più consoni per
dichiararsi a pelle oltre che con le parole.
Purtroppo, probabilmente il sentimento d’Irina per Ciro
eccedeva, roba da non credere dati gl’innumerevoli uomini che la contemplavano
a ogni minimo passo che faceva pubblicamente, come una creatura d’altri tempi,
romantica in assoluto, così, giusto per il piacere d’illudersi; capace di
firmare per il bene del marito che però non si accontentava mai.
Quindi si sarebbe rivelato tragico il benché minimo errore
d’interpretazione dei suoi gesti cortesi, specie in relazione con Zaitsev, di
una spontaneità oscurante qualsiasi soggetto intorno a lei; conscia (e non solo
metaforicamente) che nel sistema bancario un prestito, se non torna indietro a
dovere, può mutare in un debito insormontabile.
In effetti la donna ce l’aveva fatta a cogliere l’encomio
che le spettava di diritto attivandosi con assiduità, né più né meno… l’ente
creditizio a proprio modo di vedere sbagliò a formare in quel di Scurzolengo
una squadra che lavorava con parsimonia, composta da anime che si stimavano a
vicenda, all’origine degli scopi da perseguire.
Questa presumibilissima coppia era pervasa reciprocamente da
una voglia d’amare che andava solo manifestata, e il primo passo in pratica lo
fece Irina, che confessò al consorte, ossia a Ciro detto Il Sultano, che
Vassily l’aveva conquistata… un evento raro nella storia dell’umanità, perché
l’amante n’era ignaro!
I due cominciarono a stare insieme ma non ufficialmente; e
dipendendo dalla BDI spa come degli scolari provetti, compiendo dei test con
tanto di giudizio da comprovare alla fine di un dato periodo, con la promessa
di rinnovare e raggiungere degli scopi, che quantomeno Zaitsev attualmente non
riesce a focalizzare.
Lei in modo diretto, ben pensato, gli voleva donare un
ritrovo familiare, per vivere amando e senza dimenticare gli affetti maturati
sinceramente in precedenza… Vassily le rispose con il cuore timoroso a dir
poco, pressato orribilmente dalla seccante moglie che richiedeva più di una
garanzia economica, ben sapendo che il nostro non sarebbe riuscito a
soddisfarla.
Il romanzo si racchiude nella necessità d’amare che brilla
in isolamento, a forza di evidenziare da selvaggi l’assenza di un ideale di
donna ogni volta prossimo all’infinito; con un carattere discutibile,
intrattenibile leggendo di un uomo come Zaitsev, assoggettatosi al conformismo
celebrativo, deturpante il cuore in realtà.
L’autore raccontandosi spinge il lettore alla ricerca
dell’onestà, purché questi permanga inattaccabile… quell’onestà che
sorprenderebbe perfino gli altri componenti del team di lavoro, consapevoli sì
degl’intimi auspici che lui e Lei costellavano, ma dubbiosi sulla sincerità, la
trasparenza e la mescolanza degli stati d’animo in progressione.
Dalla lettura di questo libro emerge l’Amore, che solo
l’essere umano in preda al comunismo (a dire dello scrittore) sa incentivare,
in maniera soggettiva, e cioè col battito cardiaco alla portata se non
addirittura alla mercé di chiunque, volendo coltivare o fabbricare una passione
senza complicarsi la vita, tralasciando null’altro che il superfluo.
Il marito d’Irina deturpò Zaitsev a partire dal suo profilo
virtuale, come un virus avido di mail; tanto da dover interrompere le conversazioni
in chat con la donna e irrigidirsi in forma allarmistica, evitando bruscamente
di contattarla a fine giornata per il suo bene, cosa alquanto ambigua, che lei
non riusciva a non fraintendere, pensando allora che il sentimento si stesse
esaurendo.
Ciro era abilissimo a fare buon viso a cattivo gioco per
conquistare la fiducia degli affetti senza tempo in seno a Irina; portato
maggiormente alla disquisizione se confrontato con Zaitsev che pertanto si
faceva chiamare Orso dalla donna, dovendo piuttosto alludere alle
caratteristiche di un animale che aggredisce solo se predato, che in libertà
vivrebbe e lascerebbe vivere.
Dunque chissà come mai questa donna s’interessava di
Zaitsev, ossessionata oramai da un pensiero negativo su di lui, che le
risuonava in qualsiasi circostanza e sotto svariate vedute; come se alle prese
con un lavaggio del cervello, potendo in un tempo o nell’altro rimanere
decisamente attratta dai cattivi intenti.
La donna cara a e per Zaitsev barcollava mentalmente,
scambiando le identità degli uomini della sua vita… l’amante perlopiù pareva
che scontasse dei sentimenti privi di difese immunitarie, col pudore e l’onestà
maturati in amore e poi mandati a farsi benedire, come a dover temere il
destino chiudendosi in se stesso poiché incapace di agire.
Ciro si assumeva serenamente una libertà d’esprimersi
vomitevole a livello sentimentale, fregiandosi di qualcosa che la moglie
rinunciava a contemplare e né intendeva realizzare di nascosto… egli adottò una
strategia che si rivelò più o meno vincente sulla pelle della sua di amante, Annunziata,
per riavvicinare Irina, allorché trafitta quest’ultima nell’orgoglio femminile.
Il romanzo comporta una lacrimevole distensione che risuona,
flebile e smarrente; ledendo la voglia d’amare, da elettrizzare con un
trasporto tanto emotivo quanto nuovo in tempi precisati invece dalla memoria
fedele a se stessa, che sconforta il singolo individuo errante, come se trascinato da un’atmosfera cruenta,
quella tipica dell’autunno.
Vassily, alle prese con l’istinto omicida insito a Ciro,
potrebbe suggestionare in senso figurativo, alla luce di quelle rivendicazioni
comuniste che hanno fatto la Storia; mentre la sua Musa per distaccarsi dal
marito in definitiva necessitava di percorrere delle vie legali contorte, di certo
snervanti.
Al lavoro, la bancaria magagna intanto si poneva in essere;
dovuta da un’ipoteca mutuata e concordata nei primi anni ’80, che si svalutò
presto in successione fino a essere reintegrata ufficialmente come parte
passiva dell’assetto monetario relativo all’anno 2017, dimodoché l’intera
attività svolta nel corso di questo tempo venne invalidata, sul punto di
qualificare l’organizzazione.
La loro filiale avrebbe chiuso i battenti trascorsi una
quindicina di mesi, segnata dall’allontanamento (per nulla casuale) d’Irina, nel
frattempo Vassily si sentiva come se imprigionato per il resto della sua vita
aldilà dell’essere stipendiato, con uno scopo qual era dare seri grattacapi
alla dirigenza (…), e questi ce la poteva fare a raggiungerlo eccome!
Una volta che si sceglie d’intervenire l’ottimismo non
dovrebbe mai e poi mai mancare, altro che tormentarsi quando si ama,
accrescendo una deriva da eccepire e basta; e in effetti suonava strano questo
forte sentimento che la donna custodiva per Zaitsev, dovendo imporgli piuttosto
un paio d’ali e alla luce dell’opinione pubblica.
La rassegnazione era una brutta bestia che lui combatteva
facendo l’ “Orso”, soprannome affibbiatogli da una cerbiatta qual era Irina,
che ora però si ammutoliva negativamente, a spese (farmaceutiche, in
particolare) dell’amato che constatava uno stato d’agitazione interna di certo
improponibile.
Il primo approccio con lo psicofarmaco sortiva maggior effetto
in peggio; la cura sarebbe andata per le lunghe, egli poteva chiedere la mano
di nessuno per provare a gestire un’esistenza residuale, inapplicabile in
teoria, con la quotidianità falcidiante, per cui era un’impresa arrivare a fine
giornata.
Lei invece cominciava a sentire la necessità di
polverizzarlo, a partire dall’attrattiva di natura puramente sentimentale;
anche se per considerarlo pressante e violento in amore bisognava eccedere in
immaginazione, essere ignobili, dimodoché il sostegno di una persona del suo
stesso sangue, Anastasia, sarebbe tornato utile.
Dalla parte d’Irina, si erano messi ad architettarle
l’impressione di totale agio, a mo’ di reality… e quindi diretta da Samantha,
una parente neanche tanto alla lontana, considerata dai più la più fidata
spalla del marito Ciro, venne indotta a passare delle ferie in territorio
americano addirittura, roba da lasciar sgomento l’amante.
Sta di fatto che risultava inspiegabile come, pur intendendo
chiudere definitivamente con Zaitsev, ella lo provocasse fomentandogli il senso
di colpa; e cioè sempre nei confronti di un uomo che appena cercava di
risollevarsi, tanto per citare José Mourinho, veniva stordito dal rumore dei
nemici.
La mente dunque può volgere all’assurdo furbescamente, con
un gioco di squadra, e parentale, alle spese di un essere umano da estraniare e
basta; che rimarrà stupito di come la realtà dei fatti, se svelata appieno,
comporti una malattia inguaribile, altro che l’ambiguità in seno alle tipiche
aziende di oggi!
Una località dall’indole perennemente vacanziera, ossia
Rimini, illuminò l’autore e protagonista di questa storia nuovamente; lo
coinvolse con quella straordinaria fede nelle origini che gli sussurravano di
non mancare di rispetto a chi non se lo meritava, e di non imprigionare
sentimentalmente chi desiderava di rompere con lui, come con ciascun uomo che
ancora fatica a guardarsi dentro per amare il Prossimo pazientemente.
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