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I miei nemici


Sono persone rilassate, affabili, cortesi. Né potrebbe essere altrimenti. Non hanno nulla per cui agitarsi. Vogliono garantire la proprietà privata in un mondo capitalista; mantengono fermi tre o quattro principi che non richiedono poi troppa fantasia; si sentono “normali” in un mondo di “disadattati” a cui rimproverano di voler essere se stessi. Inutile ricordar loro quell’aforisma di Oscar Wilde: “Una rosa rossa non è egoista perché vuol essere una rosa rossa. Sarebbe terribilmente egoista se volesse che tutti i fiori del giardino fossero tutti rossi e tutti rose.”
Allo stesso tempo, riescono ad aver l'aria degli "alternativi". Deprecano l'impossibilità di fare pubblicamente talune affermazioni, ma hanno luoghi e occasioni in cui esplicitarle comunque.
Vedendoli davanti ai problemi sociali, vien da domandarsi se siano ignoranti o perfidi. Non ci sono molte altre ipotesi per spiegare la loro insensibilità, il modo in cui mentono a se stessi per difendere una “formazione personale”, una “convinzione”, un’ “identità” –per loro più preziose di tanti esseri umani. Dicono di agire in coscienza e, forse, questo è anche vero. La loro coscienza coincide con pagine vetuste e venerate che li esimono dall’obbligo di mettersi in discussione.
Sono abilissimi nel rivestire di spiegazioni accettabili le proprie posizioni inaccettabili –anche se qualche domanda mirata può bastare a far cadere la maschera. Imparando dall’errore di Lady Macbeth, non si sporcano le mani di sangue: meglio lasciare che esso si sparga da sé, dopo aver creato le condizioni che porteranno a questo.
I più terribili fra loro sono quelli che assumono questo ruolo come un gioco. Terribili, perché i loro occhi brillano d’un’innocenza mefistofelica. Terribili, perché sanno farsi amare. E un simile amore non lascia mai ferite leggere.



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