Il 20 novembre 2013, ha avuto luogo a Pavia l’annuale edizione
di Gaudeamus Igitur, il concerto di canti studenteschi tradizionali a
cura del coro del Collegio Cairoli. Naturalmente, noi goliardi non potevamo
mancare. L’aula magna dell’istituto era trapunta delle nostre feluche e di
quelle dei collegiali.
Io avevo
due motivi in più per essere presente. Innanzitutto, uno dei tenori era il mio
fidanzato –ci siamo colti subito con lo sguardo, lui raggiante nella sua tenuta
da corista, io con un look dark che faceva a pugni con le insegne
goliardiche. Poi, di quel coro avevo fatto parte io stessa per due anni. Il
programma, salvo qualche modifica, riproponeva brani che avevo imparato ed
eseguito coi miei compagni. In ogni nota e in ogni verso, erano impigliati
ricordi minuti e vivissimi: le risate, i lazzi indirizzati a me e al mio
ragazzo, le cene in pizzeria, i vocalizzi di riscaldamento, le “trasferte”
nelle chiese o nell’aula magna dell’università (quando quasi tutto l’elemento
maschile del coro era assente e tememmo di dare al Cairoli la nomea di “collegio
di voci bianche ed eunuchi”). È stato per questo che ho inghiottito la prima
lacrima, sotto l’ombretto nero.
Mi sono
rinfrancata, udendo l’antenato de La vecchia fattoria: Capricciata e Contraponto bestiale di Adriano Banchieri (1567-1634).
Era una leggera deroga al tema della serata, ma non sgradita. Devo ricordarmi
di attestare la mia stima a chi aveva composto il programma del concerto.
Poi, è
arrivato un momento immancabile: quello di ascoltare l’inno goliardico
italiano, Di canti di gioia (musica di G. Melilli e testo di G. Gizzi,
1891). Il direttore del coro si è premurato di specificare che sono le sue note
quelle che vengono intonate dalle campane dell’università, per volontà di
Plinio Fraccaro. A me è particolarmente cara la seconda strofa,
quella che mi lenisce gli attimi di scoraggiamento da umanista:
Dai lacci
sciogliemmo l’avvinto pensiero,
Ch’or libero
spazia nei campi del vero,
E sparsa la luce
sui popoli fu…
(E sparsa la luce sui popoli fu… Quando accendo il
televisore, ho il sospetto che sia avvenuto un black-out fraudolento).
Subito dopo, quell’altra strofa:
Ribelli ai
tiranni, di sangue bagnammo
Le zolle d’Italia,
tra l’armi sposammo
In sacro connubio
la patria al saper…
È un riferimento alla partecipazione degli universitari al
Risorgimento. Tipicamente, si ricordano due episodi, entrambi del 1848: la
battaglia di Curtatone e Montanara (Mantova), in cui il massacro
dei ragazzi diede tempo all’esercito piemontese di prepararsi, e lo
scontro fra studenti e milizie austriache a Padova, nei pressi del Caffè Pedrocchi. Ma non sono state queste annotazioni a venirmi in mente,
nell’aula in cui si teneva il concerto. Sono stati volti sfocati e voci che non
ho mai potuto udire –è passato troppo tempo da allora, non ero ancora nata.
Soltanto, somigliavano sinistramente ai volti e alle voci di cui sono pieni i
cortili dell’università. Di cui è piena la mia vita.
Per questo
è stata la seconda lacrima.
ho sempre pensato che l'università di pavia fosse una delle migliori in Italia....qui è grassa se funzionano i riscaldamenti
RispondiEliminaA quanto pare, è vero il detto: "C'è sempre chi sta peggio di noi..." ;)
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