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L'Anchealtrista

L’Anchealtrista –al contrario del cugino Benaltrista– cammina a dispetto universale  sull’orlo di una lista: appunti di preghiere senza voce, di tombe senza croce, di acque senza foce – sa che la sua vista può farlo somigliare al Complottista, ma l’Anchealtrista ha più senso del destino o, meglio, della causa-conseguenza. Nei suoi gialli, non ci sono maggiordomi, ma una folla di assassini per cui l’ historia magistra vitae è un corso di morte necessaria, come un treno di cassonetti in cui si scaricano i cervelli. E l’Anchealtrista rimescola quella spazzatura mista, per salvare un neurone che garantisca la giornata. Non si fida della libertà di essere tutti uguali e nemmeno delle parole in –ista : nazista-fascista-comunista e – beninteso – anchealtrista. Puzzan troppo di dita puntate per nascondersi il volto. L’Anchealtrista sputa sulla droga ottimista, ma non lo si può dire pessimista (altrimenti, avrebbe già ce...

La vergine di ferro - III, 7

Parte III: Il filo di Arianna 7. Sul volto latteo e tornito di Isabella, andava diffondendosi un senso di liberazione.             «Dunque, mio zio si è rivolto a te per cercare di ricontattare Amedeo, esatto?» la sollecitò garbatamente Nilde. «Sì.» «E tu hai detto ad Amedeo che lui avrebbe voluto che si scambiassero le condoglianze per… la mia morte?» riprese l’altra, non senza un fugace tono d’ironia. Isabella annuì di nuovo. «Quando sono andata a parlargli…» riprese quest’ultima, esitante «Amedeo mi ha detto che… gli eri apparsa… nel buio…» Nilde sospirò. «Stava cercando di proteggermi. Non era bene che si sapesse subito che ero ancora viva… Soprattutto, non era bene che lo sapesse mio zio, checché ne pensi tu». Isabella la guardò con occhi sgranati. «Svegliati!» sbottò finalmente l’altra. «Il tuo prezioso dottor Michele Ario, il tuo guru, nonché lo zio che mi ha cresciuto… era impaziente di farmi s...

Qualche cosa compiuta nel caos

“C’era una qualche cosa compiuta nel caos, nata prima del Cielo e della Terra. […] Io non conosco il suo nome, come appellativo lo chiamo tao. ” Così recita il capitolo 25 del Tao-te-ching, attribuito al filosofo cinese Lao-tzu (VI-V sec. a. C.). Letteralmente, quest’opera è «Il Classico della Via e della Virtù». I due termini compaiono invertiti nell’edizione del 1995 per gli Oscar Mondadori , a cura di Lionello Lanciotti: Il libro della virtù e della via. Questo perché i manoscritti su cui essa si basa sono i due ritrovati nel 1973 a Ma-Wang-Tui, nella provincia cinese dello Hunan. In questi testimoni, erano invertite le parti in cu tradizionalmente il testo era diviso: quella dedicata alla “Via” e quella dedicata alla “Virtù”. La “Via” non è altro che il famoso Tao, da cui “Taoismo”. E sarebbe difficile definirlo meglio di come faccia quella citazione in apertura. Anzi, non è affatto descrivibile. Non è un caso se, proprio in Cina, si sia formata la scuola buddhista Ch’an/Zen, ca...

Sognando Kung-fu Panda

Ecco. L’ho fatto. Sono ufficialmente allieva della Lushaolong , scuola di kung-fu wushu. E, naturalmente, scordatevi Uma Thurman (anche se la mia maglietta da palestra è color “giallo Kill Bill”). La situazione è più da Kung-fu Panda. Ruolo che, peraltro, interpretai con gran sentimento, al mio primo anno di collegio. Era scritto nelle stelle.             L’inizio è stato all’insegna dello scetticismo da parte di chi mi conosceva da una vita – e dubitava che io riuscissi a sollevar le gambe. Anche il ginocchio con un lungo curriculum nel campo delle distorsioni non aiutava. Comunque, il Fato non sopporta intralci. E, nella persona di due conoscenti, mi ha suggerito che avrei potuto assistere alle lezioni e provare, per farmi un’idea. La prima sera, ho coscienziosamente spiato dalla finestra. Rassicurata sul fatto che gli esercizi fossero cose immaginabili per gli umani, mi sono presentata all’istruttore.  "Erica, sei sicur...

Senza forme

Non potrebbe essere più lapidaria questa nuova scelta poetica di Barbarah Guglielmana : un libriccino di due pagine, con una sola immagine. Questo è Senza forme, pubblicato da Gattili, piccola casa editrice di Antonio Pellegrino. Diciotto copie per dodici edizioni: quel che si dice un prodotto di nicchia.             In copertina, un frammento di muro berlinese riproduce, dipinta, una flessuosa figura di donna, sottile come una fiamma. È uno scatto fotografico a opera dell’autrice stessa. All’interno, compare la dedica a Naira Gonzalez, attrice che Barbarah ha seguito in due stage: «Lei ti mescola tutto dentro, portando in superficie il nascosto e il dimenticato…» la descrive la poetessa. Insieme alla figura femminile, è protagonista il mare: quello di Amalfi, un lontano 4 maggio, quando l’autrice si bagnava in acque scavanti e rifluenti.             Da queste onde, emerge ...

La maschera

“Tutto ciò che è profondo ama la maschera; le cose più profonde provano perfino odio per l’immagine e il simbolo. Non dovrebbe essere soprattutto l’ opposto, il giusto travestimento nel quale avanza il pudore di un dio? Una domanda problematica: sarebbe strano, se un qualche mistico non avesse già osato un tentativo di questo genere. Esistono fatti così delicati che si fa bene a coprirli e a renderli irriconoscibili sotto una grossolanità; esistono atti d’amore e di traboccante generosità, in seguito ai quali non c’è nulla di più consigliabile che prendere un bastone e picchiare di santa ragione il testimone oculare: e con ciò offuscare la sua memoria. Alcuni sono disposti ad offuscare e a maltrattare la propria memoria per vendicarsi almeno di quest’unico testimone: il pudore è ingegnoso. Non sono le cose peggiori quelle di cui ci si vergogna di più: non c’è solo malignità dietro ad una maschera – c’è tanta bontà nell’astuzia. Potrei immaginare che l’uomo, che debba nascondere qual...

Maledetto amore

Non tutti sanno che I Fiori del Male avrebbero dovuto intitolarsi, in un primo momento, Le Lesbiche. Charles Baudelaire annunciò questo titolo provvisorio dall’ottobre 1845 al gennaio 1847. La denominazione aveva un carattere provocatorio. Ch. Baudelaire pensava a un pubblico borghese, quello che dettava (e detta tuttora?) la morale diffusa.  Il titolo fu accantonato a favore d’altre ipotesi, via via suggerite dalle nuove impostazioni che il poeta intendeva dare al lavoro. Anche la raccolta andava ampliandosi e articolandosi. L’edizione de I Fiori del Male pubblicata nel 1861, comunque, conteneva un componimento eloquente: “Donne dannate” (CXI). “Dannate”, s’intende, agli occhi di quel mondo “perbene” a cui Ch. Baudelaire indirizzava le proprie provocazioni. Le lesbiche, in questo senso, erano simili al poeta : “O vergini, o demoni, o mostri, o martiri,/Della realtà grandi spiriti sprezzanti,/cercatrici d’infinito, devote e satire,/Talor piene di gridi, talor piene di piant...