Palazzo Luzzago, prima di essere la sede del municipio di Manerbio, era una residenza nobiliare di campagna. Ma quali e quante famiglie ci hanno vissuto? Di questo si è occupato Alberto Agosti, in una personale ricerca d’archivio.
Innanzitutto,
ci sono ovviamente i Luzzago, che hanno dato il nome alla magione. Oltre a essa,
il casato possedeva a Manerbio abitazioni, mulini, cascine e terreni. Il ramo
manerbiese della famiglia nacque col notaio Fiorino Luzzago nel 1330. I primi
documenti legati all’area dell’attuale palazzo risalgono però al 1532. Derivano
dagli atti di successione e divisione fra Giulio ed Ercole Luzzago. Fu proprio
a partire dal XVI secolo che la nobile famiglia cominciò ad acquistare immobili
fuori dal castello di Manerbio (oggi scomparso) e a realizzare una rete di
seriole necessarie all’irrigazione. Nel 1568, i Luzzago fecero realizzare un
nuovo, più grande palazzo. La prima importante ristrutturazione risale però al
periodo fra gli ultimi anni di vita di Vespasiano III e il 1775. Fu portata
avanti da Galeazzo III, figlio del suddetto Vespasiano III, dopo la morte del
padre (1768). Galazzo voleva conformarsi all’abitudine della nobiltà bresciana
di possedere una residenza in città e una “Villa di Delizia” in campagna. Era
anche attento alle idee francesi e alla cultura dell’Arcadia, che amava un’arte
“idilliaca e pastorale”. L’incarico di ristrutturare il palazzo manerbiese fu
affidato all’architetto Gaspare Turbini (1728-1801), che conformò l’edificio
all’alto status sociale dei Luzzago e si ispirò all’architettura classica. La
foresteria destinata a ospitare i numerosi parenti è oggi sede della Biblioteca
e del Museo Civico; il teatro “M. Bortolozzi” era allora un maneggio.
Pitture
e decorazioni furono affidate a Pietro Scalvini (1718-1792). Nel 1773, il
pittore portò a Manerbio il suo stile “barocchetto” e influenzato dall’Arcadia:
scene pastorali, lacustri e campestri, festoni, tralicci vegetali e paesaggi,
come si addiceva a una dimora per il relax in campagna. Nel soffitto dello
scalone, rappresentò gli amorini simboleggianti le virtù dei Luzzago: la
giustizia, la sapienza, l’abbondanza.
Sempre
Galeazzo III fece distruggere nel 1782 il vecchio quartiere militare
prospiciente il palazzo e fece costruire una nuova caserma a sud, nel luogo
ancor detto “Purtù”.
Nel
1787, in seguito al matrimonio fra Galeazzo III e Dorotea Uggeri, il patrimonio
di quest’ultima famiglia confluì in quello in quello dei Luzzago. Per questo
gli Uggeri sono citati da Agosti tra le famiglie che hanno vissuto nell’attuale
sede municipale.
Quando
Bianca, figlia di Galeazzo III, sposò Ferdinando Guidi Di Bagno, il palazzo
manerbiese divenne proprietà di questo casato. Fu trasmesso in eredità per
generazioni, finché Leopoldo Guidi Di Bagno, il 17 dicembre 1908, lo vendette
al Comune per 55 000 lire, compresi i terreni annessi, il brolo e il piazzale.
La condizione era che non venissero costruiti edifici davanti al palazzo.
Successivamente,
non hanno avuto luogo interventi significativi, tranne la collocazione degli
uffici amministrativi e di rappresentanza, la sistemazione del giardino
comunale e del parco delle rimembranze. Nel 1931, venne costruito l’acquedotto
all’interno del giardino.
Il 5
novembre 1979, Palazzo Luzzago fu oggetto di un grave incendio. Andò distrutta
la parte orientale, rendendo così necessaria una nuova ristrutturazione
(1980-1984). Negli stessi anni, furono svolti i lavori di recupero della
foresteria. Il 5 gennaio 1985, fu inaugurata la nuova sede della Biblioteca e
del Museo.
Se vuoi approfondire la storia di Palazzo Luzzago a Manerbio, ti consiglio questo ottimo volume.
Pubblicato su Paese Mio Manerbio, N. 206 (agosto
2024), p. 9.
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